Torrido pomeriggio d’agosto al borgo antico, sotto il castello federiciano , nel perimetro che affaccia al lungomare Nord, una serie di espositori in legno, piccole botteghe ambulanti con manufatti artistici. Luccicano al sole del tramonto i monili di Fabian Gjiergji.
E’ un signore albanese, come si evince dal cognome che in italiano significa Giorgio, che realizza con materiali di riciclo, prevalentemente posate, piccole opere d’arte. L’ispirazione viene da uno dei suoi fratelli trasferito in Australia , che gli ha trasmesso manualità e passione.
Tra gli immigrati dopo la caduta del regime in Albania, Fabian, prima dell’esodo di massa di cui è emblematica la nave Vlora, dopo diversi soggiorni tra Svizzera e Italia, si è stabilito definitivamente a Termoli dove ha messo su famiglia. “ Bën fate shum të bukre, Realizzi cose molto belle”, gli dico rivolgendomi a lui in arbëresh, l’albanese antico delle comunità molisane. Un’espressione che lo fa sorridere, è un richiamo all’altra parte del mare, dove nonostante tutto , si lascia sempre un pezzetto di cuore.
“ Ej ej, si si”, risponde sorpreso, mentre gli occhi gli brillano di stupore. Lui infatti non sa, ignora la mia provenienza, è un po’ timido e non vuole dire molte cose, farlo parlare non è semplice. E’ madido, ha appena finito di sistemare gli oggetti e allestire l’espositore, sotto un sole cocente e un andirivieni di gente che si ferma incuriosita perché interessata agli oggetti artistici.
“ Le posate vecchie le cerco in giro nei mercatini e le cianfrusaglie dei rigattieri e poi le trasformo. I miei strumenti sono mani e martelli”- aggiunge. La sua bottega si chiama “ Posate Battute”. “Gioielleria artigianale” è un altro marchio di richiamo, infatti la sua è una vera e propria bottega. Dagli orecchini agli anelli realizzati con i rebbi o le posate da caffè e da dolce, e poi i bracciali fantastici ricavati dai cucchiai di ogni lega, dall’acciaio, all’alluminio, all’argento e altre leghe ancora, in modo particolare di alluminio, più duttile e facile da lavorare.
Ce ne sono tante e la scelta diventa imbarazzante. “ Sono pronto vi aspetto al solito posto sul belvedere”, si legge in suo post sulla sua pagina fb. A partire dal 2 luglio è lì tutte le sere a spiegare, illustrare, proporre i suoi gioielli , illustrando i dettagli delle sue realizzazioni. Tra questi, i monili personalizzati, finemente cesellati , fatti ad arte per ricordi, ricorrenze, ed eventi speciali.
Molto interessanti sono gli oggetti per la casa, veri e propri complementi d’arredo dove l’arte si sposa con la praticità, l’eleganza e la funzionalità. Dire semplicemente posate battute è riduttivo, i sui pendenti realizzati con le cinque lire, sono unici. “ Un modo per recuperare materie prime , riciclare, si procede martellando i rebbi, nel caso di forchette , per appiattire e poi rimodellare, vengono fuori paralumi, portautensili e oggetti di vario genere”.
Quella della cesellatura è un pratica antichissima, forgiare posate invece no. Le forchette in modo particolare, compaiono sulla tavola verso il 1.500. All’inizio sono state osteggiate perché considerate strumento di seduzione. Ad introdurle in Francia, fu l’italiana Caterina dei Medici che da Firenze nei bauli della sua dote, ne mise una dozzina, quando andò sposa a Enrico II, re Francia nel 1533. Anche le posate battute di Gijergji hanno fatto un giro lungo ,da Durazzo a Termoli, dall’una all’altra sponda del mare.
Fernanda Pugliese