#parolaviva
In quel tempo, Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?».
Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù».
Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».
#vivila parola
Accade nella vita di ciascuno di fare incontri, anche scontri, e trovarsi di fronte a volti che raccontano storie che scomodano e scatenano domande fino ad allora assopite: si tratta di eventi fortuiti o voluti che scoprono il nervo fragile di un’esistenza in chiaroscuro attraversata tuttavia da un fremito, una energia, un desiderio di bene che nulla può contenere. Ci sono esperienze che ci costringono a prendere una posizione, altre a dare un giudizio, alcune così intime e personali che ti mettono a nudo e svelano un mondo fino ad allora sconosciuto: a volte il mondo e i suoi interpreti ci sembrano così incomprensibili che riteniamo legittimo averci poco a che fare, e limitarci al minimo indispensabile.
Il più delle volte decidiamo di prendere le distanze, eppure la vita è apertura all’altro e al mondo attorno a noi: altrimenti semplicemente non è. Infatti è proprio l’altro che mi permette di essere e apre quella crepa nelle mura di difesa che abbiamo tenacemente costruito, da cui viene fuori un fiume di vita nascosto, la forza del bene che vuole scorrere e comunicarsi, una bellezza che desidera esprimersi e compiersi. Quando vediamo che il mondo attorno, sembra reggersi soltanto sulla logica degli interessi e il dominio del potere che si riveste in maniera camaleontica, della bramosia del denaro, il successo e l’affermazione di sé stessi, ci viene voglia soltanto di trovare un rifugio dove sentirsi al riparo: invece poi accade che nei luoghi più lontani dal centro, nelle periferie, nella provincia e i paesi più piccoli, avvengono degli incontri anonimi, senza luci e riflettori mediatici, in cui cominci a credere che il mondo in realtà si regge sulla bilancia che non incide nelle percentuali di PIL, ma nell’economia della bontà che si alimenta dell’animo grande degli invisibili.
Il Vangelo di questa domenica ci presenta Gesù nel pretorio, posto in giudizio: il Sinedrio lo ha condotto davanti al governatore per essere condannato. Pilato è un po’ seccato dall’essere stato scocciato per qualcosa di ridicolo: un re non si trova certamente nei panni di quel prigioniero, invasato e illuso. È possibile che quel Galileo dallo sguardo limpido e tenace sia a capo di una rivolta e divenga un pericolo per Roma? No. Eppure la domanda resta, ieri come oggi, attuale: “Sei tu il re dei Giudei?” – la risposta di Gesù è seria, sconvolgente, ma anche pura provocazione: “…io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità.
Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce”. Ma di quale regno si parla? Non ci sono legioni e condottieri, né spade, bensì un umile e coraggioso giovane che parla di servizio, di perdono e di misericordia: l’unica sua forza è l’amore, in quanto luce che illumina la notte di ogni esistenza.
C’è chi vuole deriderlo, ma alla fine si ritrova a fare i conti con una profezia che apre la finestra sul futuro: si tratta dell’ampio respiro che Gesù introduce nella nostra vita è nella storia, un vento di libertà e fierezza, ma anche di tenerezza. Il suo regno non si impone con la violenza ma si propone con l’amore: è bello pensare Dio che dona tutto sé stesso, fino ad abbracciare le croci di ogni essere umano. Il vero potere, quello che cambia il mondo, è la capacità di amare fino a perdere sé stessi senza interessi personali. Facciamo nostra la bella preghiera di padre Ermes Ronchi e pratichiamo la logica del Regno di Dio: “Venga il tuo Regno, Signore, e sia bello come tutti i sogni, sia intenso come tutte le lacrime di chi visse e morì nella notte per forzarne l’aurora”.
#farsiparola
Chi ha accolto regno di Dio nella sua vita e se ne è messa al servizio è stata Suor Shahnaz Bhatti, un piccola donna in missione per conto di Dio: “In Afghanistan ho sperimentato la violenza, ma ho portato Gesù”, ha raccontato da Lorenza Bianchetti nel programma ‘A sua immagine’. Scopro questa testimonianza sul sito sussidiario.net e la condivido volentieri. Dopo due anni trascorsi in Afghanistan tra i più poveri, a Kabul, la suora vincenziana Shahnaz Bhatti è rientrata in Italia ed ha raccontato: “Andare in Afghanistan mi è costato, ma quel che ho fatto l’ho fatto per la Chiesa.
Lei è tra quelle persone che sono tornate dall’Afghanistan con l’ultimo volo del 25 agosto 2021, prima che le forze alleate lasciassero il potere ai Talebani. “Sono stata due anni, sono stata costretta a tornare, ma io sarei pronta a tornare”, ha spiegato la missionaria della Carità di Santa Giovanna Antida. Certamente i momenti difficili non sono mancati: “Ho avuto tanta paura, ho avuto tante difficoltà, ma mi sono resa conto che mi dava anche coraggio. Penso me lo abbia dato Gesù”.
Un racconto a cuore aperto in cui ha affermato che: “Io ho dato tutta la mia umanità” – anche se – “Ho sperimentato tutta la violenza, ho visto persone morire, sangue sulle strade. Ho vissuto uno choc”.Tutto è stato complicato, “Anche organizzare la partenza, per far evacuare fino all’ultimo cristiano, è stato doloroso e difficile. Io ho scelto di restare fino alla fine: ero convinta che o saremo morti tutti o ci saremo salvati tutti. Naturalmente tifavo per quest’ultima cosa”, ha raccontato suor Shahnaz Bhatti.
Gli ultimi giorni a Kabul li ha vissuti con le suore di Madre Teresa che avevano 14 bambini con grandi handicap: “Non saremmo mai partite senza di loro perché sapevamo che sarebbero morti. Per fortuna siamo riuscite a portarli in Italia”, ha ricordato con commozione, come riportato dal settimanale della diocesi di Novara.
Paolo Greco