Un sopportico situato in via Rocchetta al Volturno, lungo il percorso centrale che guizza affiancato da case, è un luogo che da anni visito sempre. E sempre in occasione del Festival! Qui solo alcuni anni fa era uno svolazzare lieto di rondini che univano il loro canto al suono delle zampogne, in esibizioni definite “in libertà”.
Erano decine i nidi costruiti con saggezza ancestrale come coppe attaccate al muro, e decine le ” piccole vite” parafrasando il titolo di un saggio dedicato ad Anna Maria Ortese che cita Le piccole persone, e in questo contesto letterario/ esegetico, le persone sono gli animali. Solo un nido è ancora vivo, quattro testoline si affacciano guardinghe e un pò frastornate dai due giorni di suoni, canti e lieto vociare ( 30- 31 luglio).
La madre non entra più nel nido, occupato dai rondinotti diventati grandi, e così se ne sta appollaita su un filo, a vigile e amorevale guardia. I suoi occhi mi sono parsi due minuscoli rubini, come quelli di cui scrive Lina Pietravalle in Marcia nuziale, il suo capolavoro.
Più in là accompagnata dalla colonna sonora di suoni, voci e canti, constato un pò rinfrancata, che hanno ancora dimora altre rondini che nidificano tutto intorno al Palazzo Battiloro e al Cammino di Ronda. Qui noto che “le piccole vite” ancora tornano, tornano per un richiamo che sta scritto nel loro minuscolo cervello, grande come un acino di pepe, che le guida insieme a quel qualcosa di insondabile, quando, attraversano deserti, mari in tempesta, percorsi interminabili fino al sud dell’Africa, dove solcano altri cieli senza confini e limiti.
Aspetteremo ancora e ancora che tornino anche a Scapoli, paese musicale dove ogni angolo, tutta l’aria e il paesaggio è intessuto di note, storie, accordi che vanno a consolare e ad alleggerire i pensieri. E allora difendiamo ( e non solo a Scapoli) le rondini dal declino, dalla noncuranza e dalle mani che distruggono nidi ( una legge la numero 157/92 dell’articolo 635 del codice penale ne vieta l’uccisione e la distruzione dei nidi) e se il discorso è complesso perchè inserito in un contesto di cambiamento climatico, non agiamo da nichilisti, pensando che niente si può fare, sta a noi umani mettere ogni vita, al centro dell’esistenza in una visione biocentrica e non antropocentrica.
Ed ecco che possiamo vedere con gli occhi di quella rondine che sta lì a proteggere il suo nido e i suoi figli, ad insegnarci l’alfabeto segreto dell’amore e della cura, e dell’armonia e se poi a questo sguardo si unisce il suono della zampogna definito dallo scrittore Vincenzo Rossi ” dolce come una carezza materna”ci pare che strategie di salvezza siano possibili e ancora realizzabili, anche ripercorrendo la stessa storia della zampogna, salvata dall’oblio ( e non solo!), con impegno, continuità e forte passione da quanti credono nei segni sonori ed evocativi scritti nel territorio e ne ascolta la voce.
Maria Stella Rossi