Molise puozz’ess’ accis, cantava il nostro Fred Bongusto. Una dichiarazione d’amore tratta dall’album “Professionista di notte”. La sua notissima canzone inizia così : – Simm’ state nu Molis’ / ‘O Molis’, du jorne ‘e sole e cento chiove/ Simme’ state nu Molis’/Chi te ‘ncontra canta sempre una canzone/ Quanno ci arrivato? Quanto ti ne vai?- Si proprio questo ormai è il senso del Molise che nessuno più riconosce, che nessuno più compenetra in se e, nel lasciare spazio alla desolazione nel cuore, abbandona dopo essere ancora una volta tornato pensando di non partire più!
Purtroppo partire lontano è l’unica soluzione per sentirsi distaccati da una regione, bella o brutta che sia. Questo lascia l’amaro in bocca, lascia alle spalle quanto costruito, amato, condiviso, intriso e scolpito nei cuori di ogni singolo molisano.” Molise possa tu essere ammazzato. Oggi come ieri ti lascio per una certezza di vita e con la stessa certezza, che sei e rimarrai il mio Molise “.
Frase ricorrente, che da decenni scorre nelle vene di chi, a causa di politiche scellerate, pregiudizievoli per i più, quelli meno fortunati e non nati con la camicia del Padre, dello Zio, del Politico di turno, si trovano a far bagagli e andar via, lontano, sempre più lontano da una terra che ha solo in sé l’autoreferenzialità di pochi a discapito di molti. Oggi ci troviamo nella bella piazza di Campobasso, spoglia di pensieri, spoglia di sorrisi, spoglia di chi ha fatto grande una regione dando ad essa l’autonomia, il rispetto che meritava e forse merita ancora. Una piazza che non ride e non avoca a se la frenesia di un tempo che non tornerà più.
Corse e scorribande “po cors” che sembrano un ricordo lontanissimo. Rumori e allo stesso tempo, suoni di passi che correndo verso le innumerevoli attività commerciali, lasciavano spazio a sorrisi e spendite cospicue, che dettavano la vita di una cittadina, Campobasso, ed una regione, a trazione economica pari ad altre regioni molto più blasonate. Ricordo passato che non riesce neanche più a far sorridere, rumori di metalliche serrande che si abbassano per non sollevarsi più, stritolii di lattine, carte pane, che ricordano le buone “Mboste” che il passato ci offriva come aggregatrici e compagne di viaggi senza patemi d’animo e senza l’angoscia di non poterne usufruire. -“Il passato è passato?”-
Sarà anche così ma il passato non si cancella del tutto e amaramente nel sovvenirci in sonno ed a occhi aperti, ci rattrista e ci fa pensare che l’unica cosa da fare è andar via. La politica è li a nascondersi dietro la colpa di altri, la condizione di non essere indipendenti dalle scelte di governanti più alti in tema di scranni, a contornarsi di vezzo sapendo di essere il vero bersaglio di richieste di speranzoso aiuto, sapendo di mentire per proprio profitto elettorale. -“Speravo di non far ciò che mio nonno fece, cioè la valigia”-, Gianni un ragazzo di 24 anni con le lacrime agli occhi –“ ma devo andare.
Ho messo su famiglia e non posso pensare di tornare ad essere solo in una cameretta e con la paghetta offertami dai miei genitori. La dignità non si chiama Molise ed io a malincuore, devo lasciarla qui per ritrovarla altrove”. E così nell’indifferenza di molti e in cerca di pace da chi ha la morte nel cuore, caro Molise “ puozz’ess’ accis”. Nella speranza di non chiederci più in futuro “ Quanno ci arrivato? Quanto ti ne vai? “ e sentirsi dire : Io Resto qui!
Maurizio Varriano