La Fipe promuove “La Giornata della Ristorazione”, un’iniziativa ideata per valorizzare e rafforzare i valori ed il ruolo della ristorazione italiana. La prima edizione si è svolta il 28 aprile scorso, mentre negli anni successivi si terrà ogni ultimo venerdì di aprile.
Il filo conduttore di questa prima edizione è stato il pane. Ogni ristorante che ha aderito, avrebbe dovuto proporre una ricetta a base di pane, con la quale rendere la propria interpretazione del tema dell’ospitalità. Una occasione, prima di tutto sociale, per rifondare il senso di comunità del Paese.
L’evento è nato con lo scopo di riunire – sotto il comune denominatore del valore dell’ospitalità – Chef e Ristoratori a tutti i livelli. Ristoranti, Trattorie, Osterie, Pizzerie, Taverne, questi gli attori protagonisti di questo evento. Vere e proprie Agenzie culturali del territorio dove rieducare l’uomo a vivere assieme.
Un’iniziativa popolare, inclusiva, solidale e profondamente etica che ha avuto come obiettivo primario quello di invitare tutti gli italiani a celebrare la condivisione di un rinnovato sentimento di comunità. Per tali motivi, la Giornata della Ristorazione 2023 ha ricevuto dal Capo dello Stato la Medaglia del Presidente della Repubblica quale premio di rappresentanza per l’alto valore dell’iniziativa. Dopo aver letto il comunicato stampa, poco chiaro circa le modalità dell’evento e una fugace visita a più di qualche aderente, la domanda sorge spontanea: Ma davvero tale scopo è stato raggiunto?
A tal proposito, dopo aver evidenziato un mancato coordinamento, la mancanza di un vero progetto di rete, di un marchio comune per proporre ed identificare le strutture aderenti, di pubblicità interconnessa all’evento, e nessun vero e proprio interesse per l’iniziativa da parte di molti operatori, seppur aderenti, l’analisi ci porta a bocciare l’iniziativa sperando in un cambio di passo, data l’importanza culturale dell’iniziativa stessa. L’ospitalità si insegna, si tramanda, si preserva; qui la politica che torna in campo prepotentemente.
Purtroppo essa ha fallito sia prima che poi, figuriamoci oggi. Il Ministro D’Urso nell’intervento in occasione della presentazione della manifestazione, ha sottolineato come il made in Italy sia un vero e proprio brand, unico al mondo, tra l’altro. Nell’essere in sintonia ci viene da pensare come in politica si dice una cosa e poi se ne fa altra. Ma la nostra opinione non è sufficientemente appetibile per favorire cambiamenti e riflessioni. Per tal motivo, allora, abbiamo ascoltato il Presidente della Federazione Italiana Cuochi, Rocco Pozzullo e il segretario generale della stessa Salvatore Bruno. –
“Abbiamo aderito alla manifestazione in quanto crediamo fermamente nel concetto di cultura dell’ospitalità e da sempre la ristorazione è all’apice dei concetti nobili di essa”, – ha esordito il presidente Pozzullo che non poco deluso dalle politiche a favore dell’identità gastronomica italiana continua: “da anni ci battiamo per una vera riforma del settore ma non abbiamo mai avuto riscontri seri e puntuali. Per fortuna iniziano almeno ad ascoltarci. Siamo un tantino stanchi di aspettare provvedimenti. Abbiamo l’assoluta necessita di un ribasso del costo del lavoro in termini di tassazione e consentire il doppio turno nella ristorazione.
I ragazzi non vogliono continuare in tal settore, per non annullare la loro vita privata. Incentivare il doppio turno significherebbe entusiasmare i ragazzi ed evitare il loro disinteresse per un mondo decisamente difficile, duro ma gratificante. Riflettiamo e domandiamoci come una donna può fare cucina e dedicare tempo alla famiglia se impegnata quasi interamente nell’arco della giornata lavorativa. La cultura dell’ospitalità chi la farà in futuro gli extracomunitari? Sicuramente riprodurranno il cibo meccanicamente e bene ma senza l’amore per il territorio che oggi abitano e abiteranno, tutto svanirebbe, anche la cultura dell’ospitalità. La problematica vera è questa! Questo, il tema che dovrebbe essere al centro di tali manifestazioni!
Il dato allarmante inoltre, è la perdita di studenti negli istituti alberghieri. Verrà meno la garanzia della professione che, se non risolta, ripeto almeno con la detassazione del doppio turno di lavoro, porterà a depauperare identità e cultura dell’ospitalità. La Federazione Italiana Cuochi è senza dubbio l’anello di congiunzione tra tradizione ed identità. Il turismo internazionale chiede questo, non artifizi culinari. Tutti parlano di cultura ma mi chiedo: quale e quando il livello operativo? Da anni i governi non ascoltano la nostra preoccupazione. Necessitano i report per i lavori usuranti per dare corpo ai diritti”.
E’ un fiume in piena il presidente che apre un’altra piaga, quella dei ristoranti all’estero che si professano made in Italy. “Dove sono i controlli? Necessiterebbero esamine mensili delle fatture dei prodotti italiani di cui dicono servire la clientela. Non basta mettere i tovaglioli con la bandiera italiana sul tavolo per certificarsi – ristorante italiano -. La tutela del brand Italia dei ristoranti italiani all’estero deve essere priorità per il governo, soprattutto a causa dei dazi. Si tracci il reperimento dei prodotti, e la qualità. Questo governo, si spera, ascolti e dia contezza a norme che certifichino il cuoco come accade per tutti gli altri lavoratori specializzati. Non si può certificare un’attività di idraulico e non dare una qualifica certificata ad un cuoco che somministra cibo. Una certificazione garantirebbe personale e studenti anche se oggi, gli alberghieri sono senza un euro a causa della mancata perequazione per l’acquisto delle derrate per la formazione.
Dal sud al nord la situazione è la stessa. La visione ancora non esiste, purtroppo. Ripeto al di là della manifestazione, che appartiene alla Fipe che ha chiesto a tutti di aderire, e sulla quale non esprimo giudizi su come e perché la manifestazione in sé certo che però chiederei loro dopo oggi, cosa intende fare e sperare, per le prossime edizioni e per raggiungere lo scopo di una solidale azione in favore della tavola italiana. Occorre lavorare sodo, –conclude Pozzullo,- e noi lo stiamo facendo e lo faremo ancora. Queste sono le priorità. Dello stesso tenore il segretario generale della FIC, Salvatore Bruno, relatore alla presentazione romana della manifestazione: “Noi stiamo facendo abbastanza per tutelare la cultura dell’ospitalità e della tavola. Il vero problema è passare alla vera connotazione identitaria di Italia. Richiamando il Rinascimento Italiano, occorre diventare Civiltà dell’Ospitalità come fece Giorgio Vasari nell’indicare la necessità di essere città dove ognuno sa bene dove e come abitarvi e quindi trovarsi all’interno di una “civiltà” dove si sa bene come viverla.
Il punto fondamentale è sì, continuare a star dietro ad un discorso culturale, per il quale siamo i campioni del mondo, ma prioritariamente oggi occorre dare corpo a tale cultura con concretezza, e con essa, ridonare certezze di essere cittadini e non solo residenti. Occorre capire che il vero prodotto italiano è un brand e non accettare, nel frattempo, politiche che non favoriscono la comprensione del sistema qualità. Il valore del prodotto fa la qualità e brand, questa è la vera condizione per l’ospitalità e la cultura della cucina e dei loro prodotti, questa la differenza vincente”. Parole chiare ed esaustive quelle del segretario che conclude: “Essere all’interno della comunicazione globale non ci deve indurre a cadere nella condizione di usare le stesse metodologie per la sua diffusione. Noi siamo specificità, identità, qualità. Solo con l’Esperienza concreta, si fa la differenza per la quale il consumatore pone l’accento positivo sul prodotto italiano e la cultura in esso contenuta. Mantenere integre identità, vuol dire coinvolgere per maturare la competenza che, purtroppo, manca a molti, anche alla politica”.
Maurizio Varriano