E’ stato un confronto serrato e intenso, quello che si è svolto ieri pomeriggio a Pescocostanzo, che ha scaldato gli animi dei veterinari e degli allevatori di Abruzzo e Molise. Oggetto della discussione: il Regolamento dell’Unione Europea 2017/625 e la flessibilità dovuta nelle zone montane. Il dibattito, ideato e organizzato dal presidente dell’Ordine dei Veterinari di Campobasso, Angelo Niro, con il supporto dell’Ordine dei Medici Veterinari di L’Aquila, coordinato da Filippo Fuorto, ha fatto emergere criticità e discrepanze sulla interpretazione del principio di “flessibilità”. Sollevando dubbi ancora irrisolti e lasciando aperto un tema assai scottante, che ha scatenato la rabbia dei titolari delle aziende zootecniche i quali hanno interagito ribadendo con forza la necessità di una normativa più chiara e aderente alle specificità dei territori.
Il successo dell’iniziativa, attestato da una presenza innumerevole registrata nella sala conferenze dell’Auditorium San Nicola, è frutto della lungimiranza del Sindaco di Pescocostanzo, Roberto Sciullo, che ha favorito lo svolgimento di questo evento nel borgo più bello d’Abruzzo. Il primo nella storia tra veterinari e allevatori, che apre a un dialogo schietto fra “controllori” e “controllati” e la promessa di incontri frequenti e itineranti delle parti nelle varie realtà di Abruzzo e Molise.
L’Associazione Iura Civium ad Bonum Naturae ETS Il, attraverso il suo presidente, Virgilio Morisi, ha emanato un documento che riportiamo di seguito.
Il comparto allevatori e agricoltori di montagna è in grande difficoltà. La causa principale, è la complessità burocratica. I molteplici e non sempre lineari adempimenti burocratici interferiscono significativamente con il lavoro quotidiano degli allevatori e agricoltori di montagna, rallentano la loro attività aziendale, rendono difficile l’accesso ai fondi e ai sussidi, aumentano i costi di produzione perché oltre che creare complicazioni amministrative, molti di questi adempimenti sono onerosi.
Tutto ciò, come è facile immaginare, mette in costante stato di stress questa categoria di lavoratori che, in tale stato non sono in condizione di dare il meglio di sé. Molti sono stati costretti ad abbandonare, il territorio e l’ambiente ne soffrono, c’è solo da essere riconoscenti per la notevole dimostrazione di resilienza da parte degli allevatori e agricoltori di montagna che stanno resistendo, sono degni di una sincera lode!
Questo articolo vuole mettere in evidenza come la burocrazia, improntata sul paradigma assurdo che l’allevatore o l’agricoltore merita di essere comunque tartassato per principio, incide sulle attività agro-pastorali, sta portando all’impoverimento delle aree interne, allo spopolamento e all’abbandono dei territori interni, all’oblio della cultura e delle tradizioni millenarie. Se ne cita una per tutte: LA TRADIZIONE DELLA TRANSUMANZA.
La presenza di normative a livello europeo, nazionale e regionale non armonizzate, crea una rete complessa di regole che spesso sono sovrapposte e contraddittorie. Molte volte le stesse vengono interpretate in maniera restrittiva ed arbitraria dai preposti al controllo, di fronte ai quali gli
allevatori e gli agricoltori di montagna, in particolare gli allevatori, senza nessuno che ne tuteli i diritti, si trovano in seria difficoltà. E’ un dato di fatto che i funzionari pubblici e persino le associazioni di categoria, anch’esse troppo burocratizzate e ormai distanti dai problemi quotidiani del territorio, non esercitano la dovuta tutela degli addetti e delle aziende del settore agro-pastorale. Ma questi sono fatti gravi, che devono assolutamente essere messi all’attenzione del pubblico e delle autorità.
Quanto detto mostra quanto sia difficile per allevatori, agricoltori e pescatori navigare tra le varie disposizioni legislative e soddisfare tutti i requisiti imposti.
La lentezza dei processi amministrativi per ottenere permessi, autorizzazioni e accesso ai fondi è un problema comune anche al comparto della pesca, in quanto, come gli agricoltori e gli allevatori di montagna, spesso gestiscono attività di modeste dimensioni, ma di grande qualità. Le lunghe attese per la gestione delle pratiche burocratiche possono ritardare investimenti e progetti essenziali per lo sviluppo dell’allevamento.
La scarsa comunicazione e il coordinamento tra i diversi enti e dipartimenti che si occupano di agricoltura e allevamento aggiungono ulteriori difficoltà. Il comparto si trova a dover interagire con numerosi uffici per completare una singola pratica, pertanto la burocrazia e le scelte dei politici rappresentano le sfide per la nostra “Italia della qualità alimentare”, mettendo a dura prova la sostenibilità economica delle aziende e la qualità della vita degli animali e degli operatori.
Il totale stravolgimento delle attività consuetudinarie attraverso assurde ed incomprensibili imposizioni contenute nelle sotto-norme regolamentari di cui anche oggi si è discusso in questo convegno, influiscono direttamente sui redditi aziendali che si assottigliano sempre di più, con serie ricadute negative sulla gestione dell’intero comparto. Senza una corretta analisi mirata e la “ripulitura” delle normative dai numerosi e sostanziali elementi di illegittimità che attualmente esse purtroppo contengono e che mediante le quali vengono imposti meccanismi impossibili da attuare e che, perciò portano alla perdita delle misure di sostegno economico e al rischio reale di incorrere in pesanti sanzioni, le nostre attività saranno costrette a chiudere.
Anche gli orari di lavoro, soprattutto per gli allevatori, stanno diventando interminabili a causa della burocrazia asfissiante che, di fatto, ha ricadute negative anche sulla salute fisica degli addetti alle nostre aziende oltre che al risultato finale della produzione.
Queste mie riflessioni hanno l’intento di stimolare l’approfondimento delle cause, degli effetti e delle possibili soluzioni per gli allevatori abruzzesi colpiti da questa nuova filosofia imposta dal mondo che si dichiara ambientalista, ma che di ambiente conosce ben poco e che, purtroppo, ama anche molto poco, a causa degli altri veri interessi che esso persegue: inviti, visibilità, sponsorizzazione di propri libri sull’ambiente a convegni ed incontri; questi sono i veri interessi del mondo ambientalista, non la natura e le attività sul campo che servono a tutelarla.
Regioni e Comuni sono anch’essi in prima fila in queste attività ambientaliste sulla carta e per gli interessi della carta e non dell’ambiente. Ecco svelato perché da quella parte gli agricoltori di montagna, ma soprattutto gli allevatori sono classificati come i nemici di cui sbarazzarsi al più presto: perché osano chiedere i fondi della Politica Agricola Comune e dei Piani di sviluppo Rurale che loro vogliono dirottare verso i loro interessi camuffati con le loro politiche territoriali sperimentali che al di là delle parole altisonanti sono prive di contenuti e disastrose per l’ambiente. Sono già parecchi anni che i sostenitori delle false politiche green stanno effettivamente facendo le loro pressioni e vedono agricoltori e allevatori come loro competitor. Ma poi, nel mondo reale, che c’entrano loro con le politiche destinate alla difesa del comparto di chi produce cibo di altissima qualità e nel contempo mantiene la stabilità e la salute del territorio?
Queste problematiche influiscono direttamente sul nostro comparto produttivo e sono causa di stress per chi accudisce il bestiame e per gli stessi animali che ne sono a contatto. Un vero deterioramento per le Condizioni di Vita degli Allevatori e delle Mandrie.
Non dimentichiamo neanche che ogni cosa costa di più per chi opera in montagna: materie prime, che spesso sono anche carenti e bisogna procurarsele lontano, lunghe invernate che inducono grossi costi di protezione, riscaldamento, abbeveramento e foraggiamento degli animali, ulteriori e irrazionali restrizioni imposte dagli Enti Parco dai Siti di Interesse Comunitario ecc. Tutte cose che incidono sulla tenuta economica, possono portare al progressivo indebitamento delle aziende e all’abbandono dell’attività.
Soluzioni … Tecnologie … Pratiche …
Supporto finanziario e responsabilità politica andrebbero rafforzati tramite un rapporto sempre più stretto con la realtà. Le istituzioni dovrebbero fornire sostegno finanziario agli allevatori attraverso sussidi, crediti agevolati e assicurazioni contro le condizioni climatiche avverse che abbassano significativamente il reddito aziendale.
Politiche mirate possono incentivare l’adozione di tecnologie sostenibili e pratiche di gestione delle risorse naturali a km 0.. E la cosa è da vedere come un investimento non una spesa. Un buonissimo investimento per il nostro ambiente, l’ambiente in cui viviamo. E poi, una popolazione che ha la possibilità di cibarsi in maniera più sana, si ammala meno e incide meno sulla spasa sanitaria comune. Aumenta anche la qualità generale della vita. Come negare che si tratta di un buon investimento?
Formazione e consulenza: programmi di formazione e consulenza possono aiutare gli allevatori a implementare e rivalorizzare tecniche di gestione sostenibili, in quanto collaudate perché praticate per centinaia di anni con ottimi risultati anche in tema di conservazione e fondamentale contributo al mantenimento degli alti standard indispensabili alla salute della biodiversità presente nel nostro meraviglioso territorio. Territorio che rappresenta un modello virtuoso da conservare e valorizzare.
In conclusione: la crisi dell’agricoltura e dell’allevamento nei Parchi rappresenta una sfida complessa che richiede un approccio multidirezionale. È necessario un impegno congiunto da parte delle istituzioni, dei produttori e della società civile tutta, per affrontarne le cause profonde e promuovere un futuro sostenibile per il settore agro-pastorale nei Parchi e nelle aree montane che, a vario titolo, sono soggette a insane restrizioni giustificate da improprie moderne invenzioni di “maggior tutela”.
Quindi la necessità di riaprire quei tavoli di lavoro e finalmente coinvolgere gli allevatori direttamente perché, con onestà intellettuale si studino proposte normative tendenti a favorire il reale sviluppo di allevamento e agricoltura indispensabili ad evitare la tendenza dello spopolamento delle aree interne già in atto che, se non viene frenata, può portare a conseguenze drammatiche.”