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Home Il Costume dell'Anima

Non ci sono più pastori

Redazione di Redazione
9 Giugno 2025
in Il Costume dell'Anima, In Evidenza
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Non ci sono più pastori!
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Nella sua celebre poesia “Il pastore errante dell’Asia,” Giacomo Leopardi offre un ritratto evocativo di una figura archetipica che si lega indissolubilmente alla propria terra. Il pastore, nella sua solitudine, si erge non solo come simbolo di un’epoca passata, ma rappresenta un legame profondo e autentico con il territorio che abita. La poesia si apre con l’immagine di un uomo che, vagando tra le lande asiatiche, si confronta con il suo universo, una terra che conosce come le sue tasche.

Leopardi descrive il pastore in relazione al suo ambiente, un’interazione che si esprime in uno scambio riconosciuto e invisibile. “Concerto di più memorie,” il pastore vive e respira attraverso le storie di una natura che lo circonda. La sua esistenza è completata dall’orizzonte che si stende davanti a lui, dove ogni campo, ogni fiume racconta una storia. La conoscenza della terra passa attraverso la conoscenza del pastore, e viceversa. È questo intreccio che dà vita a un’identità collettiva, un vissuto intriso di esperienze e eventi che trascendono il singolo individuo e si elevano a un livello universale.

Leopardi, in versi poetici profondi e toccanti, racconta come il pastore, una volta colmo di aspirazioni e speranze, ora si sente triste e smarrito nei luoghi di un mondo che sembra cambiato. “Pur tu, solinga, eterna peregrina, che sì penosa sei, tu forse intendi,” scrive, evidenziando come la nostalgia si insinui nel cuore del pastore, proiettando un’ombra sulla bellezza della sua terra. La terra, inizialmente fonte di vita e sostentamento, diventa un luogo di malinconia e di ricordi perduti.

Purtroppo, nel mondo moderno, il pastore e la sua terra non sono più la stessa cosa. Non ci sono più pastori, e con loro manca quella connessione profonda. Oggi, il nostro approccio alla bellezza è disgiunto dalla realtà tangibile e biologica della vita. In un’era in cui il valore è spesso misurato in termini di ricchezza e ostentazione, la vera “bellezza” del paesaggio – quella intersecata con l’immanente – è stata dimenticata.

L’assenza del pastore rappresenta un errore storico, un allontanamento dalla sobrietà e dalla verità che la terra contiene. Non si tratta della bellezza superficiale delle cose, ma di quella sostanza che emerge solo quando un uomo cammina attraverso i campi, quando la sua storia è intessuta con quella della terra.

La poesia di Leopardi ci invita a riflettere su quanto sia fondamentale riscoprire quel legame profondo. Solo attraverso il riconoscimento di questa intersezione, possiamo riscoprire non solo la bellezza della natura, ma anche un modo di vedere il mondo che è autentico e ricco di significato. “Non ci sono più pastori”: un grido che ci ricorda quanto abbiamo perso e invita a riconsiderare il valore dell’umanità in rapporto alla terra – un appello a tornare a una bellezza che è sospesa nel tempo, radicata in noi stessi e nelle trame del nostro vissuto.

Questa è la prima trattazione della rubrica de “Il Costume dell’Anima,” ormai facente parte di uno “spazio” (fisico ed esperienziale) più ampio, all’interno del Polo Museale multimediale di Longano, in collaborazione con l’antropologa Manuela Ciaccia ed il riconosciuto  WITCHA MUSEUM Concept © di Celano (AQ). A cadenza settimanale, ci saranno racconti e spunti di riflessione inerenti il mondo del passato, esplorando storie, tradizioni e la bellezza di un’epoca che merita di essere riscoperta con estremo rispetto e rigore storico.

Antonella Gatta

English “There Are No More Shepherds”

In his famous poem “The Wandering Shepherd of Asia,” Giacomo Leopardi offers an evocative portrait of an archetypal figure that is inextricably linked to his land. The shepherd, in his solitude, stands not only as a symbol of a bygone era but represents a deep and authentic connection with the territory he inhabits. The poem opens with the image of a man wandering through the Asian plains, confronting his universe, a land he knows like the back of his hand.

Leopardi describes the shepherd in relation to his environment, an interaction expressed in a recognized and invisible exchange. “A concert of many memories,” the shepherd lives and breathes through the stories of the nature surrounding him. His existence is completed by the horizon that stretches before him, where every field, every river tells a story. Knowledge of the land comes through knowledge of the shepherd, and vice versa. It is this intertwining that gives life to a collective identity, a lived experience filled with memories and events that transcend the individual and elevate to a universal level.

In profound and poignant poetic verses, Leopardi recounts how the shepherd, once full of aspirations and hopes, now feels sad and lost in a world that seems to have changed. “You who are far away, absent,” he writes, highlighting how nostalgia seeps into the heart of the shepherd, casting a shadow over the beauty of his land. The land, initially a source of life and sustenance, becomes a place of melancholy and lost memories.

Unfortunately, in the modern world, the shepherd and his land are no longer the same. There are no more shepherds, and with them, that deep connection is lost. Today, our approach to beauty is detached from the tangible and biological reality of life. In an era where value is often measured in terms of wealth and ostentation, the true “beauty” of the landscape – one intertwined with the immanent – has been forgotten.

The absence of the shepherd represents a historical error, a departure from the sobriety and truth that the land contains. It is not about the superficial beauty of things but about that substance that emerges only when a man walks through the fields, when his story is woven with that of the land.

Leopardi’s poetry invites us to reflect on how essential it is to rediscover that deep bond. Only through recognizing this intersection can we rediscover not only the beauty of nature but also a way of seeing the world that is authentic and rich in meaning. “There are no more shepherds”: a cry that reminds us of what we have lost and invites us to reconsider the value of humanity in relation to the land – a call to return to a beauty that is suspended in time, rooted in ourselves and in the fabric of our lived experiences.

This is the first discussion of the column “The Costume of the Soul,” which is now part of a larger “space” (both physical and experiential) within the Multimedia Museum Pole of Longano, in collaboration with anthropologist Manuela Ciaccia and the recognized WITCHA MUSEUM Concept © of Celano (AQ). On a weekly basis, there will be stories and reflections related to the world of the past, exploring stories, traditions, and the beauty of an era that deserves to be rediscovered with utmost respect and historical rigor.

Spanish “No Hay Más Pastores”

En su célebre poema “El pastor errante de Asia,” Giacomo Leopardi ofrece un retrato evocador de una figura arquetípica que está indisolublemente ligada a su tierra. El pastor, en su soledad, se erige no solo como símbolo de una época pasada, sino que representa un vínculo profundo y auténtico con el territorio que habita. El poema se abre con la imagen de un hombre que, vagando por las asiaticas, se enfrenta a su universo, una tierra que conoce como la palma de su mano.

Leopardi describe al pastor en relación con su entorno, una interacción que se expresa en un intercambio reconocido e invisible. “Concierto de más memorias,” el pastor vive y respira a través de las historias de la naturaleza que lo rodea. Su existencia se completa con el horizonte que se extiende ante él, donde cada campo, cada río cuenta una historia. El conocimiento de la tierra pasa a través del conocimiento del pastor, y viceversa. Es esta intersección la que da vida a una identidad colectiva, una experiencia vivida impregnada de recuerdos y eventos que trascienden al individuo y se elevan a un nivel universal.

En versos poéticos profundos y conmovedores, Leopardi narra cómo el pastor, una vez lleno de aspiraciones y esperanzas, ahora se siente triste y perdido en un mundo que parece haber cambiado. “Tú que estás lejos, ausente,” escribe, destacando cómo la nostalgia se infiltra en el corazón del pastor, proyectando una sombra sobre la belleza de su tierra. La tierra, inicialmente fuente de vida y sustento, se convierte en un lugar de melancolía y recuerdos perdidos.

Desafortunadamente, en el mundo moderno, el pastor y su tierra ya no son lo mismo. No hay más pastores, y con ellos falta esa conexión profunda. Hoy, nuestro enfoque hacia la belleza está desligado de la realidad tangible y biológica de la vida. En una era en que el valor a menudo se mide en términos de riqueza y ostentación, la verdadera “belleza” del paisaje – aquella entrelazada con lo inmanente – ha sido olvidada.

La ausencia del pastor representa un error histórico, un alejamiento de la sobriedad y la verdad que la tierra contiene. No se trata de la belleza superficial de las cosas, sino de esa sustancia que emerge solo cuando un hombre camina por los campos, cuando su historia está tejida con la de la tierra.

La poesía de Leopardi nos invita a reflexionar sobre cuán fundamental es redescubrir ese vínculo profundo. Solo a través del reconocimiento de esta intersección, podemos redescubrir no solo la belleza de la naturaleza, sino también una forma de ver el mundo que es auténtica y rica en significado. “No hay más pastores”: un grito que nos recuerda lo que hemos perdido e invita a reconsiderar el valor de la humanidad en relación con la tierra, un llamado a retornar a una belleza que está suspendida en el tiempo, arraigada en nosotros mismos y en las tramas de nuestra experiencia vivida.

Esta es la primera discusión de la columna “El Vestido del Alma,” que ahora forma parte de un espacio más amplio (tanto físico como experiencial) dentro del Polo Museal Multimedial de Longano, en colaboración con la antropóloga Manuela Ciaccia y el reconocido WITCHA MUSEUM Concept © de Celano (AQ). De forma semanal, habrá relatos y reflexiones relacionadas con el mundo del pasado, explorando historias, tradiciones y la belleza de una época que merece ser redescubierta con el mayor respeto y rigor histórico.

Tags: AbruzzoallevatoriAntonella GattaCelanoIl Costume Dell’AnimaManuela CiacciaPastoriPolo Museale multimediale di LonganoWITCHA MUSEUM Concept
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