Riprendo la frase di una canzone di Angelina Mango per far pace con questo avvilimento psicologico con cui tutti abbiamo avuto a che fare da piccoli ma anche da adulti: la noia!
Finite le scuole e gli esami, bambini, ragazzi e genitori si ritrovano a fare i conti con mattinate e pomeriggi noiosi e senza attività. “Mi sto annoiandooo” è il mantra principale enunciato tra le mura di casa.
Ho interpellato Veronica Togni, molto seguita sui social e nei suoi corsi per genitori. Lei è educatrice, autrice e supervisore educativo ed ha sicuramente la formula magica per aiutare i genitori ad affrontare queste lunghe settimane senza scuola.
Con la fine della scuola molte famiglie vivono momenti da incubo perché non sanno come “intrattenere” i figli. C’è chi li iscrive ai campi estivi o sportivi e chi li lascia ai nonni. Il problema principale di questo “tempo libero” è che la noia è spesso presente. La mia generazione ha vissuto estati piene di monotonia, perché adesso i genitori sono così spaventati da questo tempo morto?
– Viviamo in una società che tende a riempire ogni spazio vuoto. Il tempo “morto” è diventato qualcosa da evitare, anche nell’infanzia. I genitori temono che la noia sia un segnale di fallimento educativo, o che possa portare a comportamenti problematici. In realtà, la noia è un’esperienza fondamentale per la crescita: è lo spazio in cui il bambino impara ad ascoltarsi, a inventare, a scoprire i propri interessi. Non va evitata, ma accompagnata. Occorre restituire dignità a quei momenti di vuoto creativo che hanno formato generazioni capaci di stare con sè stesse.
È facile vedere bambini intrattenuti dai dispositivi digitali (tablet, cellulare, videogiochi, tv). Come i genitori possono aiutare i figli ad avere un buon rapporto con questi “Baby-sitter” virtuali?
– Su questo ho una battaglia aperta in corso..Il punto non è demonizzare la tecnologia, ma imparare a farne un uso consapevole. I dispositivi diventano “baby-sitter” quando non sono mediati dall’adulto o quando rispondono solo al bisogno di quiete immediata. I bambini hanno bisogno di adulti presenti, che li aiutino a decifrare ciò che guardano e vivono online. La domanda da porsi non è solo “quanto tempo davanti allo schermo?”, ma anche “che tipo di esperienza stanno facendo?”. Coinvolgerli in scelte condivise, porre limiti chiari e coerenti, e offrire alternative di qualità è il modo più efficace per costruire un buon rapporto con la tecnologia.
Aggressività, violenza, rabbia nei giovani. Diamo la colpa a ciò che guardano sui social. È davvero così o dovremmo mettere in discussione il rapporto educativo famiglia-ragazzi?
– La realtà è più complessa, tendiamo spesso a banalizzare e delegare responsabilità che invece sono degli adulti. I contenuti violenti possono avere un ruolo, ma sono spesso un sintomo più che una causa. La rabbia nei ragazzi ha radici profonde: mancanza di ascolto autentico, ritmi di vita frenetici, poca possibilità di esprimersi in modo sicuro. I social diventano un amplificatore di ciò che già c’è. Serve tornare a una relazione educativa che non sia solo controllo o regole, ma presenza, dialogo e contenimento emotivo. I giovani non hanno bisogno di giudizi affrettati, ma di adulti che sappiano reggere anche le loro emozioni più difficili.
Parlando con diversi genitori ho compreso che esistono due scuole: sì alla tecnologia, no alla tecnologia. Questo accade perché la via di mezzo è difficile da perseguire insieme ai bambini?
– Sì, la via di mezzo è faticosa, perché richiede tempo, confronto, e soprattutto coerenza. Dire sì o no in modo assoluto è più semplice. Ma non è sempre educativo. I bambini hanno bisogno di adulti che sappiano guidarli, non solo vietare o lasciare fare. Trovare un equilibrio significa essere disposti a mettersi in gioco, a cambiare idea, a negoziare in modo rispettoso. La via di mezzo è un sentiero quotidiano fatto di dialogo, regole condivise e ascolto reciproco. Ed è proprio in quel cammino che si costruisce un uso sano e consapevole della tecnologia.
Cosa i bambini possono insegnare ai genitori?
– Tantissimo. I bambini ci insegnano a rallentare, a guardare il mondo con occhi nuovi, a stare nel presente. Ci ricordano che l’ascolto vale più della risposta giusta, che l’errore è un’opportunità e che l’autenticità è più importante della perfezione. Se siamo disposti ad ascoltarli davvero, i bambini ci aiutano a ritrovare parti di noi dimenticate e a crescere anche come adulti. L’educazione è uno scambio: quando smettiamo di pensare di dover “insegnare tutto”, scopriamo che abbiamo molto da imparare.
Veronica Togni è molto impegnata in un processo di educazione costante dei genitori perché, siamo noi adulti ad aver bisogno di essere accompagnati lungo i sentieri del rispetto dei nostri figli.
Una lettura leggera ma piena di riflessioni?
“Il bambino sottovuoto” di Christine Nöstlinger. La signora Bartolotti riceve un pacco sui 20 kg con questo messaggio: “Cari genitori, il Vostro più ardente desiderio è stato finalmente esaudito! Noi produttori ci auguriamo che il Vostro rampollo Vi porti felicità e benessere, e possa così soddisfare le aspettative e le speranze da Voi riposte nella nostra ditta. Noi abbiamo fatto il possibile per garantivi una discendenza soddisfacente, gradevole e dotata. Ora tocca a Voi! Il nostro prodotto è costruito in modo da aver bisogno – oltre che della normale cura e manutenzione – anche di affetto. Non dimenticatelo! I nostri migliori auguri per un felice futuro”.
Spesso dimentichiamo che l’affetto puro per i nostri figli dovrebbe guidarci in ogni scelta.
Buone “noiosissime” vacanze!
Vanessa Battista