Fino al 1963 il Molise apparteneva ad una regione comprendente l’Abruzzo, denominata “Abruzzi e Molise”, in cui Campobasso rappresentava l’unica provincia molisana.
Pur essendo oggi configurate come regioni distinte, l’Abruzzo e il Molise restano accomunate per storia, economia, tradizioni e cultura. L’attività economica delle due regioni era legata principalmente all’agricoltura e alla zootecnia. Si può senza dubbio affermare quindi che, nel corso dei secoli, le caratteristiche degli allevamenti, delle razze e dell’utilizzo di terreni inadatti alla coltivazione, erano comuni ad entrambi i territori.
L’estensione geografica del Consorzio dell’Agnello dell’Italia Centrale IGP potrebbe avvenire come naturale implementazione in un’“Area Omogenea”.
In regione Molise, la presenza di allevamenti ovini e la commercializzazione degli agnelli originano con la pastorizia transumante dell’epoca sannitica fino ad arrivare ai tempi dell’Impero Romano, che integrò i tratturi nella propria rete viaria avvalendosi dei loro vantaggi economici e logistici.
La rete dei tratturi si consolidò successivamente nel periodo aragonese (1447) con l’istituzione della “Regia Dogana della mena delle pecore in Puglia”. Questa attività economica coinvolgeva locati, massari e le loro famiglie, generando significative entrate per l’Erario napoletano.
Il Tavoliere pugliese era suddiviso in aree pascolative (“poste”) affittate annualmente. Le cinque regioni coinvolte (Abruzzo, Molise, Puglia, Campania e Basilicata) formavano una macroregione economica culminante nella Fiera di Foggia (1).
L’importanza della transumanza e le sue “autostrade verdi” hanno profondamente contrassegnato il territorio e le comunità dell’Abruzzo e del Molise non solo come realtà economica, ma anche come fenomeno politico, sociale e culturale.
Le controversie legate alla gestione dei pascoli e alle tasse nonché l’integrazione della transumanza nei circuiti commerciali rivestono ancora oggi un ruolo cruciale nello sviluppo economico-culturale del territorio (2).
L’Alto Molise, attraversato da numerosi tratturi (Celano-Foggia, Lucera-Castel di Sangro, Ateleta-Biferno) rappresenta un’area storicamente legata alla pastorizia, eredità della civiltà sannita di cui Capracotta rappresenta un esempio emblematico. A partire dal XVII secolo, la comunità capracottese si distinse per l’elevato numero di armenti, con famiglie nobili e istituzioni religiose tra i maggiori proprietari.
La transumanza, con le sue rotte verso la Puglia, coinvolgeva una parte significativa della popolazione, includendo pastori, butteri e artigiani. L’attività della pastorizia, strettamente connessa alle caratteristiche del territorio e dei pascoli montani, ha contribuito alla produzione di formaggi e carni di eccellenza.
La tradizione dei pastori continua ad avere un’influenza significativa fino al mondo d’oggi dove, ad esempio, la Festa del Pastore rappresenta una celebrazione della carne di pecora cotta lungo i tratturi. L’intreccio tra storia, economia e territorio, evidenzia il ruolo fondamentale della pastorizia nello sviluppo sociale ed economico dell’Alto Molise (3).
Benché le “nazioni” (4) a forte vocazione pastorizia erano rappresentate dall’ Abruzzo e dalla Puglia, il Contado di Molise aveva diverse “nazioni” pastorizie tra le quali ricordiamo Cave (San Pietro Avellana e Pescopennataro – IS), Canosa (Vastogirardi, Capracotta), Guardiola (Frosolone e Roccamandolfi), le più marginali dal punto di vista geografico e le più povere dal punto di vista alimentare.
La qualità dei pascoli estivi che, almeno nei primi mesi, offriva pasture abbondanti e fresche riusciva a reintegrare organicamente gli animali e qualitativamente i prodotti.
La carne ha sempre avuto un ruolo centrale nella transumanza intesa come industria alimentare. Circa un terzo del ricavo dell’impresa proveniva dalla vendita di agnelli e pecore che, tramite mediatori commerciali, venivano convogliati nei grandi mercati di Napoli, Roma, Venezia e Firenze o rivenduti nella fiera di Foggia (7 Maggio) oppure destinati nelle fiere locali del Molise e dell’Abruzzo.
Uno studio di G. Iosa (1911), testimoniava un notevole mutamento del reddito proveniente dalla carne che arrivava al 44,5% dei ricavi a fronte del 23% del formaggio e del 30,6% della lana. La fiera di Foggia forniva solo una parziale stima di un fenomeno molto più esteso che, secondo quanto riportato da J. Marino (1993) dal 1766 al 1794, registrava vendite corrispondenti a circa 75.000 animali di cui il 72% agnelli e 28% castrati. Il 48% degli animali venduti veniva esportato all’estero a conferma del valore internazionale dell’industria alimentare legata alla transumanza.
Giova precisare, comunque, che a Foggia arrivavano solo gli animali nati in Puglia (vernarecci e cordeschi) i quali, avendo affrontato le privazioni invernali, risultavano di minor pregio a fronte di quelli nati sulle montagne abruzzesi e molisane.
Le fiere locali dell’Abruzzo e del Molise registravano prezzi molto più remunerativi (fino al doppio del prezzo rispetto alla fiera di Foggia) come conseguenza del beneficio qualitativo della carne derivato dalle eccellenti pasture montane (5). Ancora oggi si apprezzano tali caratteristiche, proprie dell’Agnello del Centro Italia.
Nei secoli la razza più diffusa è stata la Gentile di Puglia, allevata in passato soprattutto per la lana, che conservava anche buone attitudini alla produzione di latte e carne. Un osservatore del tempo decantava: “le sue carni sono gustose ed odorose e non con nausea pecorina”.
La naturale evoluzione nel corso degli anni ha permesso un sostanziale miglioramento genetico delle razze e delle tecniche di allevamento tali da determinare effetti positivi sul piano nutrizionale e produttivo. Al giorno d’oggi l’allevamento degli ovini ha tutte le carte in regola per apportare benefici economici e contribuire alla tutela paesaggistica montana.
La rivalutazione dell’Agnello del Centro Italia trova consensi in zone come Capracotta, Vastogirardi, San Pietro Avellana, Pietrabbondante, Carovilli, Agnone Roccamandolfi, Frosolone, di antica tradizione pastorizia, dove questo “esempio” potrebbe essere finalizzato al miglioramento socio-economico di contesti sempre più difficili da tutelare (6).
Giuseppe Vassalotti
(Ordine Medici -Veterinari di Campobasso)
2. Lungo i Tratturi Del Molise con Sandro Vannucci, a Cura di Carlo Monti, De Agostini ERI-RAI Editore, Anno 2000
3. Vincenzo Di Luozzo, La transumanza e l’Alto Molise, Letteratura Capracottese 4 set 2020
4. Nell’ambito della pastorizia le “nazioni” (o meglio le Comunità) pastorali erano quelle che basavano la loro economia e stile di vita sull’allevamento del bestiame in particolare ovini e caprini vivendo in stretto rapporto con l’ambiente naturale e adattando l’attività al ciclo delle stagioni e delle risorse disponibili nel territorio
5. La Civiltà della transumanza, Storia, Culture e Valorizzazione dei Tratturi e del mondo Pastorale; Edilio Petrocelli; Editore Cosmo Iannone Isernia
6. Lavoro, ambiente e cibo nella transumanza; Norberto Lombardi, Annamaria Lombardi, Giampaolo Colavita; Editore Cosmo Iannone Isernia.














