“Facciamo finta che…
…Facciamo finta che io sia un bambino appena nato in una delle nostre aree interne. Mamma e papà scoprono che il reparto nascite del nostro ospedale sta per chiudere. Io sarò l’ultimo bambino nato lì. A 8 anni sono sulla bicicletta, l’asfalto è scivoloso e faccio una brutta caduta.
L’ortopedia mi cura, ma poco dopo chiude anche quel reparto e dopo ancora chiude tutto l’ospedale. A 14 anni mi sveglio all’alba per prendere un autobus che ci mette un’ora e mezza ad arrivare a scuola, devo frequentarla in una città lontana perché il mio plesso è stato accorpato.
Almeno c’è l’autobus, è una delle poche linee che non è stata cancellata. A 20 anni trovo finalmente posto in un’azienda che mi permette di lavorare da remoto. Lo faccio, ma la rete internet va e viene.
Non riesco a lavorare poi così bene. A 30 anni io e la mia compagna decidiamo di avere un figlio, ma non lo facciamo qui perché i servizi mancano e tanti amici se ne sono già andati. Lo facciamo in una città in cui lui non sarà l’ultimo nato.
Ora ho 70 anni, ho due nipotini che tra il corso di musica e la scuola calcio sono impegnatissimi qui a Milano. A telefono parlo con un muratore, mi dice che la mia casa al paese è diroccata, ormai non c’è rimasto più nessuno.
Ecco, questo che vi ho scritto è un racconto di fantasia, ma è anche un racconto che sa di realtà. Per salvare le aree interne bisogna prendere tre impegni chiari: semplificazione burocratica, formazione di reti tra Comuni che condividono servizi e progetti, Province come hub di organizzazione e programmazione. Lo ho ribadito oggi agli Stati Generali delle Aree Interne di Benevento”.



















