COSPA Abruzzo, con il suo rappresentante legale, Dino Rossi scende in campo per commentare – senza mandarle a dire – la questione della mafia dei pascoli in Abruzzo, venuta alla luce grazie alla maxi inchiesta della Guardia di Finanza e quindi alla truffa dei fondi comunitari.
“Ci sono voluti la bellezza di 14 anni prima che venisse a galla parte della vicenda. Inutili sono stati i miei comunicati stampa, gli esposti presentati alla prefettura di L’Aquila, i colloqui avuti con il Corpo Forestale dello Stato, dal NAC, nucleo antifrode comunitarie e la latitanza dei molteplici politici interpellati, anche del movimento 5 stelle la risposta sempre la stessa: lo sappiamo ma sono nella legalità.
Anche le associazioni di categorie, si blindavano dietro una legalità che oggi è svanita. La fortuna ha voluto che incontrassi per caso degli ispettori della GdF del nucleo di Pescara e, insieme alla professoressa Lina Calandra in un incontro avvenuto nella sede del Cospa Abruzzo, spiegammo il metodo utilizzato per l’approvvigionamento dei fondi europei. Oggi si legge di 48 milioni di euro, ma sono solo la punta dell’Iceberg, in quanto la storia va avanti dal 2011.”
Rossi entra nel dettaglio delle presunte truffe.
“Come hanno fatto queste aziende a ottenere i benefici previsti dalla legge senza avere un capo di bestiame? Le associazioni di categoria perché non hanno denunciato il meccanismo? Uno stratagemma che è andato avanti per 14 anni, e che ha permesso agli “allevatori sulla carta” di percepire somme sostanziose di danaro che avrebbero dovuto invece finire nei bilanci degli allevatori già in grave crisi, tanto è vero che in molti hanno chiuso i battenti per le multe delle quote latte. Insomma, multe agli allevatori veri, e soldi agli allevatori falsi.”
Una gestione vergognosa dei fondi comunitari che ha affossato l’itero settore agricolo, in quanto erano tutti soldi che dovevano essere ripartiti per gli allevamenti storici e agli agricoltori italiani. Oggi invece, gli allevatori devono subire degli inasprimenti di controlli e contro controlli per la movimentazione degli animali come fossero fortemente inquinanti. Quegli allevatori storici non prenderanno più un euro, in quanto i fondi sono stati dirottati sul settore ambiente con progetti fantascientifici e soprattutto nella nostra regione, in quanto i sacerdoti dell’ambiente vogliono fare delle montagne italiane lo Yellowstone partendo dall’Abruzzo e dal Trentino.”

















