“C’ero anch’io” è una di quelle frasi utilizzate per sottolineare la propria presenza a un evento storico o di particolare importanza, solitamente lieto. Questa volta però, rimane solo l’evento storico, non di certo il momento gioioso. Nelle patinate pagine dell’almanacco rossoblù relative ai campionati di serie C infatti, il Campobasso non aveva mai incassato un passivo così rotondo.
Per la cronaca si riporta il tabellino: 15′ e 51′ Cianci (A), 63′ Pettarello (A), 65′ Magnaghi (C), 75′ Pettarello (A) e 88′ rig. Ravasio (A).
Al netto delle più o meno plausibili giustificazioni, come: la forza della squadra avversaria, i diversi e ravvicinati incontri disputati nonché i tanti calciatori indisponibili per infortunio – questione questa, da analizzare e approfondire con attenzione – quello visto ad Arezzo non può e non deve essere il vero Campobasso (voto 4).
Messa da parte ogni goccia di amarezza vissuta in terra toscana e analizzando con estrema freddezza la prestazione dei nostri, ci risulta, comunque, molto difficile trovare una minima ancora di salvezza; non si è salvato niente e nessuno.
A partire da Mister Zauri (voto 4) che, stregato di nuovo dalle ammalianti sirene del modulo a tre punte a scapito di un’architettura di gioco più operaia, ha portato la nave rossoblù ad infrangersi contro gli scogli amaranto.
Reparto difensivo: non pervenuto (voto 4). Troppo fragile, troppo sbadato, troppo perforabile; in più, il giovane Tantalocchi in giornata decisamente negativa.
Reparto di centrocampo: mediocre. Troppo lento, troppo prevedibile, decisamente inefficace; con il fantasista Gala il più delle volte impegnato in pratiche onanistiche con il pallone.
Reparto offensivo: anonimo, mal servito, mai incisivo; solo Magnaghi ha avuto qualche sprazzo di dignità.
Insomma, una gara dove il Campobasso è risultato troppo poco in tutto.
Troppo grandi e troppo belli, invece, sono stati i cinquecento tifosi rossoblù giunti ad Arezzo (voto 10). Chilometri e ore solo per la maglia, quella che rimane attaccata alla pelle, al cuore. Malgrado l’umiliante risultato, i cori e le bandiere hanno continuato a riempire il cielo di Arezzo, riscuotendo il sincero apprezzamento di numerosi sportivi locali. Un esempio di rara bellezza di amore, passione, mentalità e civiltà.
In settimana bisognerà archiviare la debacle aretina e pensare alla Sambenedettese, la quale arriverà in Molise accompagnata da numerosi tifosi. Le scuse sono finite, adesso vogliamo una squadra che lotta e che suda, senza se e senza ma. La proprietà e la tifoseria meritano di più.




















