“Fumare, bere, fare acquisti inutili: qualunque sia l’abitudine, innocua o pericolosa, non riesco a perderla. Gli altri sembrano aver molta più forza di volontà di me; io non riesco neppure a perdere abitudini che non mi danno nessun piacere” dice B.
La situazione illustrata è più frequente di quanto si possa immaginare. Si tratta di abitudini perché le avete mantenute per molto tempo o c’è sotto qualcosa d’altro? Perdere un’abitudine è più difficile per voi che per altri? Perché alcune persone riescono a smettere di colpo di fumare, mentre voi lottate per anni con un’azione dannosa?
Il problema non è il periodo di tempo durante cui avete mantenuto una certa abitudine, ma la mancanza di consapevolezza. Più a lungo adottate un comportamento dannoso, più diventate inconsapevoli dell’attività in sé. La differenza tra un’abitudine e un’azione è il livello di consapevolezza: un abitudine è un processo morto, automatico. Prestare attenzione all’abitudine che volete perdere le dà vita, così cessa di essere automatica. La difficoltà di smettere è legata all’incapacità di concentrare l’attenzione, per le più varie motivazioni consce o inconsce.
Vi ritrovate a compiere i gesti senza pensarci, in modo del tutto automatico, inconsapevoli del processo di comportamento. Le persone capaci di modificare il loro comportamento e di perdere abitudini acquistate molto tempo prima, vi riescono perché a un certo punto decidono di prestare attenzione al processo. L’incapacità di concentrare l’attenzione impedisce di interrompere il meccanismo.
Stress ed ansia costituiscono inoltre dei fattori di amplificazione della difficoltà. Può risultare ancor più difficile perdere un’abitudine se avete l’impressione di non avere il controllo della vostra vita in genere, per cui la rinuncia ad un’abitudine, come il tabagismo ad es., viene vissuta come la rinuncia al controllo di un ulteriore elemento della propria esistenza: mettersi a dieta può essere infatti anche ritenuto una rinuncia al controllo di ciò che si mangia per sottoporsi ad un programma controllato da altri.
Pertanto si può avvertire il bisogno di conservare determinate abitudini anche perché rappresentano gli unici elementi della propria vita che si sa di poter dominare. I fattori psicologici, consapevoli o meno, che sottostanno al radicamento di una abitudine comportamentale disfunzionale sono numerosi.
Occorre allora divenire quanto prima consapevoli delle proprie abitudini, annotando ad esempio le proprie azioni per un certo periodo di tempo, evidenziando le voci che riguardano l’abitudine dannosa e osservando come e quando essa avviene.
Mettere nero su bianco le azioni aiuta a vederle concretamente e ad assumersi la responsabilità in merito alle decisioni comportamentali che si assumono. Strumenti come la forza di volontà e la motivazione sono spesso poco efficaci perché l’impatto globale del comportamento ricade al di fuori del campo della consapevolezza. Esercitarsi in tal senso aiuta a interrompere il ciclo automatico e a ridare vita al proprio modo di agire.
Quando si esegue l’esercizio è importante anche citare e sottolineare tutte le volte in cui si è avuta la tentazione di ricadere nell’abitudine che si cerca di perdere e invece ci si è gestiti diversamente. E congratulatevi con voi stessi, prevedendo anche delle ricompense gratificanti in base agli interessi ed i piaceri che si preferiscono.
Tale allenamento mentale, e di conseguenza comportamentale, potrà sortire effetti tanto più incisivi e profondi se la presa di consapevolezza poggerà su una presa in carico globale di se stessi, delle proprie parti in ombra, delle proprie necessità, dei propri bisogni che si desidera colmare, dei propri punti di forza e risorse capitalizzandoli in una progettualità di scopi di vita funzionali al conseguimento del proprio benessere.
D.ssa R. Francesca Capozza
(Psicologa -Psicoterapeuta , specialista in psicologia della salute)