Guglionesi alza la voce e dichiara guerra ad una riforma fiscale iniqua, costosa e di dubbia legittimità costituzionale.
Sabato 20 agosto Guglionesi ha visto un nugolo di persone, soffermarsi sul corso principale per discutere di “Flat Tax”. Un incontro promosso dalla sezione ANPI Primo Levi e dall’associazione Francesco Jovine – Arci. Con l’ausilio di studi e ricerche, si è data la possibilità di accertare l’iniquità, nonché dell’onerosità della “Flat tax”. Iniqua perché in un momento in cui la crisi economica e l’inflazione mordono i redditi medio-bassi, la “Flat tax” riduce le tasse ai “redditi alti”.
Costosa perché crea un disavanzo nella finanza pubblica che dovrà essere colmato con altre tasse o tagli alla spesa pubblica. La “Flat tax” aumenta le entrate. Uno studio del Ministero dell’Economia e Finanze del febbraio 2019, Ministro Tria, stimava in circa 59,3 miliardi le minori entrate con l’introduzione della “Flat tax”. Di dubbia costituzionalità in quanto avvantaggia, come documentano gli studi, i redditi medio-alti facendo veni meno quella “equa progressività” richiamata nell’art.53 della nostra Costituzione con la quale i cittadini concorrono alla spesa in ragione della loro capacità economica. Lo studio del “Sole 24 ore, evidenzia chiaramente questa iniquità, come del resto lo certifica l’indagine Ipsos.
Tante persone per tante domande e riflessioni che hanno toccato anche le prossime elezioni del 25 settembre ed il caos che la politica tutta è riuscita a generare, sia nel mondo connesso alla politica, sia nei cittadini che da sempre vorrebbero capirci di più e non assistere a balletti senza fine, senza scenografie e senza musiche di base. Critiche volte alla Lega, all’intero centro destra che del populismo fanno bandiera, ma anche alle sinistre che ormai non sono altro che il rovescio della medaglia delle destre. Non esenti da critiche i 5 stelle che confermano il caos e accentuano incertezze e destrezze decisamente inappropriate, sia dal punto di vista politico che dal punto di vista della condizione di “apoliticità” mascherata.
Tutti sventagliano nomi e pochi concretamente mettono in campo azioni a favore del sociale, dell’equità, della perequazione. Il terzo polo, poi, connesso a confindustria, ci riporta indietro con dichiarazioni e spot degni del primo Berlusconismo. Animate discussioni hanno assunto la considerazione che questo strumento fiscale, non propriamente adatto, anche attualizzando i tempi, viene dal fatto che l’Italia è alle prese con una crisi economica e sociale, accompagnata da una significativa ripresa dell’inflazione, che sta riducendo la capacità di spesa degli italiani. La sfiducia nell’ intravedere un futuro, rileva la drammatica riduzione delle nascite e la difficile situazione lavorativa dei giovani.
Fenomeni, questi, che nelle nostra regione sono ancor più marcati e l’incertezza e la condizione di subalternità politica, accentuata nelle ultime ore con la candidatura imposta di personaggi in cerca di poltrone sicure, è l’apoteosi del caos più puro.
L’impellente necessità di una Riforma fiscale che alleggerisca (d’intesa con le parti sociali – Di Maio sembra Washinton della situazione ) il carico fiscale sul lavoro (per l’impresa e per il lavoratore); che tuteli i redditi medio-bassi dall’inflazione ed esemplifichi il rapporto Stato-contribuente; che faccia tutto ciò che è necessario (“whatever it takes”) per favorire lo sviluppo economico e sociale dei territori, è sulle agende di tutta la politica ma nessuno si propone di condividerla ed approvarla. Siamo sull’orlo del baratro ed ancora si pensa di fare campagne elettorali all’insegna dello scherno e della marcatura a uomo e non su scelte politiche e programmatiche serie e scevre da interessi di partito o personali. La discussione si è tenuta, non casualmente, davanti ai locali lasciati “vuoti” da un Istituto bancario che, nei mesi scorsi ha chiuso la filiale. La lobby bancaria è sempre più forte e sempre più arrogantemente lontana dalle vere esigenze dei cittadini. Favoriscono i ricchi per dichiarare la morte dei ceti meno abbienti.
Quattro milioni di cittadini (il 7% del totale) non hanno più una filiale di banca a loro disposizione per poter aprire un c/c o chiedere consulenza su altre operazioni. I prestiti diminuiscono e le garanzie aumentano costringendo vie alternative a chi ne ha assolutamente necessità. L’usura diventa dilagante e le banche, nonostante le enormi agevolazioni statali, non arginano assolutamente tale anomalia. Vendono i crediti dichiarandoli inesigibili e lucrano sempre più su conti correnti e risparmi, centralizzando tutto anche in ordine di sistemi operativi.
Questo processo ha portato, negli ultimi 10 anni, a una riduzione degli occupati nel settore pari a circa 65 mila unità. Nella consapevolezza della necessaria innovazione, occorre gestire il cambiamento e generare nuovi processi di sviluppo locale all’interno dei quali, lo strumento “fiscale” ricopre un ruolo importante. Essere difronte la necessità di assumersi responsabilità dal basso è ormai indispensabile. Lo sgomento è tale che la maggior parte dei cittadini hanno perso ogni tipo di riferimento e, ormai, della politica non ne vuol sentir più parlare. Occorre tornare a scendere nelle piazze e tra la gente per decidere insieme il presente onde permettere di sperare nel prossimo futuro.
A Guglionesi si è segnati un punto, speriamo che sia solo il primo e che sia da esempio per segnarne altri sino a tracciare una linea continua sino alla decisività popolare e non scelte calate dall’alto come se tutti noi avessimo più di un anello al naso.
Maurizio Varriano