Il sistema turismo fatica e non poco a tenere in considerazione il mondo della disabilità. Anzi, la verità è che non gli interessi abbastanza. I governi, del passato e del presente concedono piccoli “contentini” quali un paio di cartelli qua e là, una rampa per arrivare in un posto isolato e poco affollato, una bella camera ad uso “disabili” somigliante ad una corsia ospedaliera ma spera che, qualunque sia la tipologia del disabile, resti a casa sua. Il governo Meloni con la ministra alla disabilità, Alessandra Locatelli, propone di cambiare la Costituzione per favorire il cambio dell’appellativo “handicappato” ma nella mentalità dell’essere troppo complicato da gestire, non favorisce norme che ne consentono l’effettiva integrazione.
Un controsenso che sa di beffa e che suona ancora la campana della vittoria, dell’esserci e della considerazione che in questo modo rispecchia esattamente il contrario. La sua esperienza di volontariato, probabilmente non ha consentito di considerare nella maniera giusta chi per sfortuna o per altre situazioni, viene considerato un problema e non una risorsa. “Handicap è tragedia non condizione”, si continua a pensare con garanzia di pietismo e di irrazionalità culturale. L’abbattimento delle barriere sia non solo architettonico ma soprattutto culturale.
“L’handicappato” si organizza da solo, studia, chiede, insiste e si crea occasioni. Non demorde e nel mondo del turismo si adatta anche senza grandi problemi ma, i limiti, purtroppo, son limiti e spesso diventando invalicabili, non consentono libertà di movimento o di aggreganti situazioni. Spesso e volentieri si ascoltano grandi discorsi sulla bellezza per e di tutti, poi sistematicamente la bellezza diventa per pochi e per giunta anche a pagamento. Beffa e doppia beffa che penalizza e rimanda tutto al mondo delle favole dal finale pieno di lacrimoni emozionali e lieto fine. “Non cammini dove vuoi andare, non capisci che ci vai a fare, ma anche disturbi, corri, ti muovi nello spazio in maniera non conforme, hai bisogno di un bagno, spazi adeguati per soste, momenti critici, pause, cambi, medicazioni, ma chi te lo fare”.
Questa nenia non vorremmo ascoltarla più, ma la disabilità può arrivare dal momento all’altro, chiunque può ritrovarsi ad aver bisogno di qualcuno, anche momentaneamente, e questo non vuol essere un monito ma la realtà della vita che si sa essere molto imprevedibile e poco lineare.
Nel considerare il disabile una ricchezza, anziché una schifezza, ricordiamo che per i viaggi, spostamenti, visite, si spende più del dovuto. Eppur nel mondo della ristorazione, dell’ospitalità, dei presidi statali quali musei, parchi archeologici (per esempio quello di Sepino), le limitazioni sono tali e tante da garantire la fuga e non la visita godibile.
Chi vive di abilità, oltre la non, spesso e volentieri, finta solidarietà, non si pone il problema e rimanda tutto a chi dovrebbe legiferare in tal senso. La battaglia andrebbe condotta tutti insieme invece di non considerarsi cittadini del mondo e rendere questo migliore e senza più negatività che del bene prendono solo la parte attrattiva del male. Che sia rinascimento e con esso non si cancelli per legge la parola “Handicap” ma si faccia seriamente un’azione forte per cancellare il retaggio culturale e, non per ultimo, si chiami chi è vittima dell’inabilità per operare in tal senso. L’orizzonte è per tutti e se potessimo osservarlo, anziché guardarlo, forse potremmo ritenerci, d’ora in poi, fortunati!
Maurizio Varriano