Il Tribunale Amministrativo Regionale ha bocciato l’operato del Parco nazionale del Gran Sasso e del Comune di Capestrano annullando il nulla osta e le autorizzazioni per l’uso turistico con navigazione del laghetto di Capo D’Acqua, specchio d’acqua interno all’area protetta e alla Zona di Protezione Speciale comunitaria per gli Uccelli.
Lì, nonostante il sito, di limitata estensione, sia utilizzato per la nidificazione da diverse specie protette, come il Tuffetto, erano state autorizzate “a posteriori”, cioè a opere ormai realizzate, la costruzione di un pontile con rimozione della vegetazione spondale nonché la navigazione a fini turistici, anche in pieno periodo riproduttivo dell’avifauna. Il ricorso al TAR aveva seguito una serie di segnalazioni depositate dalla SOA non appena si era accorta dei lavori in corso.
Dichiarano Stefano Allavena, delegato LIPU Abruzzo, e Massimo Pellegrini, presidente della Stazione Ornitologica Abruzzese “Gli uccelli sono fortemente sensibili al disturbo, con una “distanza di fuga” di poche decine di metri. Pertanto la cova e l’alimentazione dei pulcini sarebbe stata potenzialmente impattata dalle attività, per giunta in un luogo di dimensioni limitate e di grande rilevanza, essendo l’unica area umida del versante sud-occidentale del Parco.
Questa sentenza è un richiamo alle aree protette, in questo caso il Parco del Gran Sasso, a perseguire i loro principali fini statutari e, cioè, la conservazione del patrimonio naturalistico senza inseguire un uso turistico intensivo del territorio sulla carta protetto”.
Dichiara Augusto De Sanctis, attivista della S.O.A. che ha seguito la vertenza “Con la sentenza 350/2025 pubblicata ieri il TAR ha censurato i provvedimenti dei due enti con cui avevano approvato la Valutazione di Incidenza Ambientale “a posteriori” per due ordini di motivi:
-la Valutazione di Incidenza non può che avere carattere preventivo. Scrivono sul punto i giudici “Il metodo normativamente imposto a tal fine, trattandosi di un intervento interno a una ZPS, è la procedura di V.Inc.A. che è intrinsecamente preventiva, perché ha la funzione di salvaguardare le matrici ambientali, la fauna e la flora dell’area protetta dagli effetti negativi di un intervento antropico e non può che essere condotta prima che l’intervento abbia inizio perché solo l’accertamento ex ante della condizione degli ecosistemi permette di stabilire se l’intervento programmato può avere su di essi effetti negativi”;
-gli uffici pubblici preposti alla valutazione dello studio di incidenza presentato dal proponente deve avere competenze naturalistiche specifiche. I giudici del TAR nella sentenza ribadiscono che “Il funzionario che ha adottato la determinazione comunale n. 135/2021 ha il titolo di architetto e dispone quindi di competenze tecniche diverse da quelle scientifiche in materia di habitat naturali richieste all’Autorità competente in materia di valutazione di incidenza ambientale”