Il disastro urbanistico ed edilizio di Roccaraso, foriero di quello turistico, incominciò a radicare a metà anni ‘60, quando – appena terminata la ricostruzione post-bellica, con le case dei roccolani ricostruite per la maggior parte, più di 20 alberghi e tantissime ville con giardino – sorsero i primi fabbricati senza limiti destinati a seconde case. E la prima avvisaglia di deturpamento del territorio fu un fabbricato dal nome Punta Rossa, posto in “bellavista” su uno sperone di roccia che dominava il paese: venti appartamenti. Oggi siamo arrivati ai piedi di Monte Zurrone.
Lo strumento urbanistico vigente era il Piano di Ricostruzione, che nel frattempo si dimostrò anacronistico e soprattutto incontrollabile proprio per effetto di quei fabbricati che incominciavano ad aggredire e sostituire le ville con giardino e indirettamente gli alberghi di alcuni albergatori improvvisati che, poveri di capacità di ospitalità turistica, dovettero cederli per essere trasformati in ulteriori appartamenti destinati a seconde case.
Arrivare a mille fu un giochetto da speculazione edilizia. Non credo ci fosse un regolamento edilizio e la disamina architettonica, che doveva recuperare la storia edilizia di questa decennale località turistica di montagna, era affidata a una commissione edilizia sostanzialmente priva di queste cognizioni e più dedita a dire sì o no, a seconda del vento che tirava. Queste furono le premesse di quello che si rivelerà ben presto il disastro urbanistico, edilizio e di conseguente ospitalità turistica.
Si mette mano al Piano Regolatore Generale. Il Ministero allora competente lo boccia, con la motivazione che lo sviluppo edilizio, quello della ormai famigerata “zona C”, di moltiplicazione del paese, non può essere tagliato fuori dal centro urbano dalla Variante S.S. 17.
Si trova così l’espediente che prevede la costruzione di un ponte che va dal Pratone al Roncone, cioè dal centro verde del paese ai piedi della zona C. Il Piano è approvato sul finire degli anni ‘70 o lì d’intorno. Mancano i Piani attuativi, ma sulla scorta delle norme generali si incomincia a costruire alacremente.
L’Hotel Paradiso e il Residence Orizzonte, elefanti di montagna in cemento, costruiti tra la metà e la fine degli anni ‘60 non avevano insegnato nulla. Solo l’Hotel Paradiso con la capienza stratosferica di un migliaio di posti letto e ben presto trasformato quasi totalmente in appartamenti, aveva posto il blocco alla costruzione di nuove case su all’Aremogna.
L’unica cosa buona, si fa per dire, di quegli anni. Che si riveleranno presto un disastro. La bella gente che ci frequentava ci abbandona; molti di loro proprietari di ville con ampi giardini. Gli sciatori della domenica, quelli che fino ad allora erano arrivati con gli autobus, perché è così che ci potevano raggiungere, per apprendere i primi rudimenti dello sci, si trasformano in utenti degli slittini e pian piano di ogni strumento empirico utile per scivolare sulla neve, complice il ponte di Cerro al Volturno e la nuova strada da Castel di Sangro; oggi dobbiamo aggiungere pure la famigerata Tiktoker napoletana. Un’aggressione inaudita.
In parallelo si chiudono una decina di alberghi. Roccaraso diventa irriconoscibile. Con le case senza garage e con la neve che cadeva ancora copiosa le strade diventano impraticabili, si bloccano di frequente e i proprietari delle seconde case rinunciano anche loro a frequentarci con la iniziale passione.
Quei fabbricati, non più manutenuti cominciano a degradarsi. Chi arriva a Roccaraso, osserva e riflette su quello che si trova intorno, si rende conto che nonostante ci siano le montagne, il paese, quello di montagna vera, attraente e quindi ospitale non ha più nulla.
Siamo arrivati a questi giorni. La ripresa edilizia delle seconde case si sta moltiplicando e fa ribrezzo sentir dire che i prezzi delle case nuove tendono a 6/7mila euro al metro quadro. Altri alberghi si sono chiusi e altri si vogliono vendere, ma nessuno li comprerà come tali, non sono remunerativi per il loro scopo e così prima o poi saranno destinati a diventare altri appartamenti.
Come il felino che si acquatta per colpire la preda, i costruttori aspettano il momento favorevole per costruire altre seconde case.
Voi direte: ma chi se le compra è scemo? Forse.
Ma è probabile, visto che gli acquirenti sono per lo più napoletani che possono, che si stiano veramente preoccupandosi dei Campi Flegrei e del Vesuvio. Per carità, che non accada mai. E meglio il disastro turistico roccolano che quello prospettato napoletano. Ma c’è poco da illudersi i segnali sono più che evidenti.
A questo punto però, cari concittadini credo che la bella e nota località turistica di Roccaraso non ha più nulla per essere considerata tale. Quasi non ci sono più alberghi e quelli che ci sono hanno serie difficoltà di presenze.
Le migliaia di appartamenti continuano ad essere sempre più vuoti e vuote sono le attività commerciali. Molte hanno chiuso i battenti. Sono arrivati gli outlet. Roccaraso è la prima forma vera di outlet del turismo. Complimenti!
A questo punto non ci vuole molto a far venire a cantare sul palco estivo il “Ragazzo della via Gluck” perché anche qui l’erba non c’è più.
Ugo Del Castello