“I forni domestici ardevano per giorni ed eruttavano , poi, le teglie- cioè i ruoti- con i casciatelli, le pastiere, le pigne, dalle quali occhieggiava, canzonatore, l’uovo sodo assopito alla base del rametto d’olivo con le foglie che svettavano come le piume di un bersagliere in corsa.
Erano, questi, i dolci più veri della Pasqua: erano le cose in cui la genuinità degli ingredienti sembrava portasse il crisma di una natura che aveva saputo dare il meglio di sé stessa.
Dai casciatielli, appena aperti , usciva un sospiro in cui gli umori del pecorino, il pizzico di pepe, la linguetta del formaggio dolce, il cubetto della soppressata si erano fusi in un coro muto, attento, delicatissimo, come tutti i profumi e i sapori che se ne vanno a volare nel cielo.
La pastiera, -sia quella col grano che con il riso- era però la regina austera ed altera, la signora a non finire; il tutto di una bontà lasciva e regale nel contempo, profusa con un cerimoniale evocatore di alcove, di palco di proscenio, di sala del trono.
La pigna– infine- racchiudeva l’essenza pacioccona della primavera: l’uovo, la farina e lo zucchero- impastati due volte e due volte messi a crescere nel segreto dei cesti accosti al camino e nel tepore carezzevole dei panni di lana- consolidati in corpo unico nel forno, declamavano la muta elegia della loro fine, olocausto al lunedì dell’angelo”.
E’ una pagina di Emilio Spensieri, grande scrittore molisano che ci accompagna in questa passeggiata tra i riti e i simboli della Pasqua.
Alcune culture pagane consideravano il cielo e la terra come due parti che unite formavano un uovo. La pasqua dall’ebraico “ Pesach -passare oltre” che ricorda il passaggio degli ebrei dall’Egitto e l’inizio di una nuova vita in un altro paese, assume, nella tradizione cristiana, il significato del passaggio dalla morte alla vita attraverso la testimonianza della passione, morte e Resurrezione di Gesù Cristo.
Tali radici cristiane si sono incardinate, nel tempo, alle feste pagane della primavera che festeggiavano il rinnovo del ciclo vitale della natura con l’antico rituale dello scambio delle uova, portatrici di fecondità. Sin dal Medioevo hanno conquistato una posizione importante anche per via del divieto al consumo imposto nel periodo quaresimale. La consuetudine di scambiarsi le uova era già in uso tra i romani che accompagnavano il dono citando la massima “ Omne Vivum ex ovo”.
Tra riti, tradizioni, leggende, per le proprietà generative ,le uova assumono una rilevanza centrale. Dalle uova dipinte e variamente colorate della popolazioni nordiche a quelle benedette delle popolazioni ortodosse, a quelle di cioccolata che nascondono nel loro interno, importanti o banali sorprese. Dicono che sia stato il re di Francia Luigi XIV per primo a far realizzare le uova di cioccolata che, invece sembra derivino da un’antica usanza messicana. La tradizione dello scambio dell’uovo pasquale è diventata un’usanza insostituibile dei tempi moderni. Un invito a visitare lo straordinario e unico al mondo museo dell’uovo, per godere della straordinaria esposizione di uova di ogni genere artisticamente dipinte, a Civitelle del Lago in provincia di Terni, al museo dell’Ovo Pinto.
Chi non ricorda l’antica usanza della questua delle uova da parte del sacerdote benedicente nel periodo pre- pasquale? Come il pegno delle cinque uova che il perdente del gioco della ruzza, doveva versare per incrementare le dosi della grande frittata di Montaquila . Cento e più uova per una tradizione che si rinnova esaltando la maestria dei cuochi e la qualità del risultato.
Tra sacro e profano, il dolce per eccellenza di Pasqua, è la pizza dolce. Non ha confini e tra Abruzzo e Molise, non c’è festa importante senza la protagonista. Contornata da una decorazione di carta velina bianca dai bordi tagliuzzati, cosparsa di perline argentante era pronta, in questa sontuosa confezione, per essere posta al centro dell’elegante vassoio che la famiglia di ogni giovane promessa sposa, inviava a casa dei futuri suoceri la mattina di Pasqua. Era un’usanza che ricambiava il cesto addobbato con eleganti decorazioni di palme intrecciate, fiori e petali di confetti di Sulmona, ricevuto, in segno augurale, la domenica delle Palme.
La pizza dolce è un’ invitante e profumata delizia . Dischi di pan di spagna ottenuti amalgamando 12 o più tuorli con altrettanti cucchiai colmi di zucchero e altrettanti rasi di farina OO, a cui vengono aggiunti i bianchi spumosi montati a parte ed incorporati delicatamente al composto che deve risultare assolutamente soffice, prima di essere versato in una teglia imburrata e infornata a fuoco medio 180-190 gradi per circa 45 minuti. Il segreto della pizza dolce e l’unicità della composizione è l’assenza del lievito, la cui azione rigonfiante è sostituita dalle freschezza delle uova montate.
La torta, fuoriuscita dal forno e lasciata raffreddare, viene divisa in due o tre dischi che vengono bagnati di liquore rosso, l’ alchermes, cosparsi di crema pasticcera alla vaniglia e limone, ricomposti e poi coperti di glassa bianca ottenuta da zucchero a velo montato con bianco d’uovo e limone. Importante era ed è la velatura che deve essere assolutamente bianca, alludendo al trasparente candore dell’illibatezza, verosimilmente.
Fernanda Pugliese