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“Mutatis Mutandis”…. le ha o non le ha? Viaggio nel mondo delle mutande

Dalla Cappella Sistina, a Bruxelles a ln.123 della Rue Haute. Da Pescocostanzo e altre località abruzzesi fino a Piazza Armerina in Sicilia, per un viaggio virtuale alla ricerca delle mutande, della loro storia e della loro affermazione.

Redazione di Redazione
6 Aprile 2021
in Sì viaggiare
Reading Time: 6 mins read
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“Mutatis Mutandis”…. le ha o non le ha? Viaggio nel mondo delle mutande
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“….. Ah… la mazurca/ che ballava la mia nonna/ con le trecce a penzoloni/ con i mutandoni/ sotto la sua gonna./ Quando mio nonno,/ per baciare la sua mano/ non usava la scaletta, /a la bicicletta/ ino al primo piano…”  è il ritornello di una canzone popolare fox trot  scritta da  Bixio  Cherubini  e musicata da Armando Fragna.

Aveva spopolato negli anni sessanta,  alludendo al periodo storico “ di bel   tempo assai lontano, quando prima di sposarsi stavano a guardarsi con le mani in mano “ e la mutanda, era diventata il mito di quegli anni,  la  conquista vera e propria di un indumento  ignorato  fino al cinquecento  e dalla storia complessa.  Qualche anno prima Camillo Mastrocinque, aveva inserito le mutande nel film Totò a Milano,  di cui si ricorda la scena comica  e le parole che accompagnavano il gesto di Totò “ mutande e pane”  mentre toglieva dalla valigia  gli  alimenti e gli indumenti utili per il soggiorno a Milano.

Le mutande, questa sconosciute, appaiono  collegando necessità e voluttà  negli anni settanta, destando  malizia e curiosità.  «Le ha o non le ha?». Una domanda in apparenza innocua. A meno che non si parli di una bella donna ed è facile classificare la discussione e capire dove si vuole arrivare.

Durante il periodo longobardo, le mutande erano anche note come femoralia.   Paolo Diacono  scrive di  Alahis, duca di Trento,  che a  un diacono che gli domandava  udienza per trasmettergli un’ambasciata dall’arcivescovo,  faceva  rispondere  che poteva essere ammesso solo se «si munda femoralia habet» (se ha/porta le mutande)

 Gli antichi Romani non le portavano. Per fare attività fisica e come costume da bagno usavano le subligatula (da subligare, cioè legare sotto), un pezzo di stoffa con un capo che cingeva la vita e l’altro che passava in mezzo alle gambe

 E i Greci non si ponevano neppure il problema di coprire le parti intime,  indossavano la tunica, ma sotto le donne erano nude mentre gli uomini, a volte, indossavano un perizoma.

l termine mutanda, che deriva dal latino medievale mutare, che significa “ciò che si deve cambiare”. Mutatis muandis,  nasce nel Medioevo. Lo storico dei costumi  Luciano Spadanuda, nel suo libro “ Storia delle mutande”, racconta che la svolta avvenne nel ’500, con Caterina de’ Medici, moglie di re Enrico II di Francia che  introducendo  un modo originale di cavalcare, con il piede sinistro nella staffa e la gamba destra orizzontale sull’arcione introdusse l’uso di mutande strette e attillate di cotone o fustagno. L’indumento,  era chiamato “briglie da culo”, prese subito piede tra le nobildonne di Francia e degli ambienti nobiliari europei, ma degenerò altrettanto in fretta in forme così lussuose e stravaganti in tessuti d’oro e d’argento, assumendo le caratteristiche di un indumento peccaminoso e di lussuria.

Le mutande entrano nella storia dell’arte   e in modo particolare nel Giudizio universale di Michelangelo,  con Daniele da Volterra incaricato da papa Paolo IV  a coprire le nudità  dell’affresco del suo maestro,  giudicate dalla Controriforma  assolutamente oscene. Visitando i musei vaticani e la Cappella Sistina, tra i particolari dell’affresco  dietro l’altare,  non si può non osservare San Biagio e Santa Caterina,  completamente  vestiti e in posizione diversa da quella raffigurata da Michelangelo che li aveva dipinti nudi e posti rispettivamente l’una di spalle all’altro. Ora la Santa è vestita di verde  verde. La  testa, le braccia e la ruota del martirio  è quel che rimane di Michelangelo. San Biagio è stato totalmente rifatto. Ora non è più piegato sulla Santa ma è volto  verso  Cristo.

Sul fronte femminile, gli anni ’90 hanno visto il boom delle vendite perizomi  e tanga  definiti  che termini di misura del materiale per la confezione che va da un tessuto di 21 x 25 cm per un  perizoma   contro  i cm  62 x 44 cm, cioè circa 5 volte in più per una mutanda.

 Gli anni ’90 sono anche quelli degli eccessi: dagli Usa arrivano gli slip che si possono mangiare, aromatizzati in vari gusti.

Il Giappone nel 1993 fu invece costretto a varare una legge che impedisse di vendere in distributori automatici per strada gli slip usati delle studentesse. Qui  almeno due giorni  all’anno  può capitare di trovare gente in mutande sulla metropolitana. Il primo è a gennaio, in occasione del No pants Subway Ride, un’iniziativa stravagante promossa dagli amanti del metrò. Il secondo è il No Pants Day, la festa senza pantaloni, celebrata in vari Paesi  il primo venerdì di maggio.    Ma forse la mutanda meritava una degna collocazione, e per questo nel 2009 è nato a Bruxelles in rue Haute  n.123  un museo della mutanda .  L’idea è  dell’ artista belga Jan Bucquoy ha raccolto e messo in cornice una dozzina di slip appartenenti a personaggi belgi di rilievo.

 Ma quando un paio di anni fa si è parlato di un analogo museo a San Marino, la proposta è affondata nelle polemiche. Dall’ episodio della Cappella Sistina  e  della controriforma  che ha mandato alla distruzione   diverse  opere d’arte, discendono, molto probabilmente  alcuni modi dire usati ancora oggi per  indicare una persona che è andata in rovina quali:  “ rimanere  in mutande” oppure come nel nord Italia,  “ rimanere  in braghe di tela”.

Queste espressioni  sono la diretta conseguenza di una condanna che veniva inflitta a chi non era in grado di pagare i propri debiti. Si trattava di una sorta di berlina, di espiazione pubblica, che in alcune parti d’Italia sostituiva con la detenzione e  varie  punizioni .  Tra queste l’usanza di  portare il colpevole nella piazza pubblica, vestito solo di un paio di braghe, da cui deriva l’espressione “restare in mutande”

Una  visita  in alcuni paesi  dell’Abruzzo  ci permette di  vedere  la famose i “pietre del vituperio”.

 A Pescocostanzo (Aq), ai piedi della scalinata che conduce alla Basilica di Santa Maria del Colle, si trova una di queste “pietre”, di forma cilindrica alta circa 80 centimetri e del diametro di 70 centimetri.  Il  debitore doveva restare seduto sulla pietra per un certo periodo di tempo esposto al pubblico ludibrio, senza dover recitare alcuna formula.  Dopo una bella sosta e un pranzo con un piatto di pasta alla chitarra per rinfrancarsi un p’,  si può raggiungere Tagliacozzo.

Qui la pietra del vituperio  era chiamata “pilozzo” ed era un sedile  con un foro al centro.  Nel 1825 venne sostituita da una fontana a forma di obelisco. (dal sito: www.festivaldelmedioevo.it) A Pacentro, sempre nel  Parco Nazionale della Maiella,  si trova  il seicentesco Palazzo Tonno, da  cui  prende nome la “preta tonna”, dette tummarole, o “pietra dello scandalo”, una grossa pietra incavata, utilizzata come unità di misura del grano, sulla quale chi non onorava i propri debiti veniva obbligato a sedersi  in mutande ed esposto allo scherno.

Nei primi anni Cinquanta del secolo scorso,  in piena estate mentre i bichini si esibivano in spiaggia, nel cuore della Sicilia un archeologo scopriva che il due pezzi risaliva addirittura al tempo degli antichi romani. Gino Vinicio Gentili e aveva iniziato a scavare nella campagna a una trentina di chilometri da Enna e a pochi minuti da Piazza Armerina, in un sito detto Casale riportando  alla luce una sontuosa villa, risalente a trecento anni dopo Cristo, dotata di un impianto termale e decorata con splendidi mosaici per i quali, nel 1997, è stata riconosciuta dall’Unesco patrimonio dell’umanità.

Tra questi mosaici ne apparve uno con dieci ragazze in bikini ovvero  in  subligar, come si chiamava allora la mutandina, e la fascia mamillare, detta anche strophium, che ne  ricopriva  il petto.

Fernanda Pugliese

Tags: Armando FragnaBixio CherubiniCamillo MastrocinqueFernanda PuglieseLuciano SpadanaudamutandeMutatis mutandisPacentroPaolo VIPescocostanzoviaggio
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