Il 22 aprile 1946 con decreto luogotenenziale n. 185 venne istituita la giornata delle celebrazione della Liberazione italiana dal nazi-fascismo per il 25 aprile, istituzionalizzata il 27 maggio 1949 con la legge n. 260. Fu scelta questa data come simbolica e non perché realmente venne liberato il territorio nazionale dall’invasore, che sappiamo avvenne nei primi di maggio. In quel giorno di primavera il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia scelse di proclamare l’insurrezione generale a cui risposero soprattutto le grandi città ancora occupate.
Il Molise, quasi tutto liberato alla fine del 1943, patì nei mesi successivi l’annuncio dell’armistizio, l’invasione delle truppe della Wehrmacht che causarono distruzioni, saccheggi e morti. Questa «terra di mezzo» fu il laboratorio della resistenza ad oltranza nazista, schiacciata tra le due forze in campo: anglo-americani da sud e tedeschi che cercarono di mantenere le proprie posizioni con la costruzione nel nostro territorio delle linee ritardatrici (Viktor, Barbara e Bernardt) e quella di difesa ad oltranza, la linea Gustav.
I molisani per la prima volta conobbero la guerra dal vivo, dopo averla vista soltanto nei cinegiornali del regime e non solo da terra, con l’occupazione dei soldati, ma anche dal cielo, dove le roboanti «fortezze volanti» dell’United States Army Air Force (USAAF), scaricarono tonnellate di materiale esplosivo sulle città molisane, in particolare su Isernia, con l’intento di distruggere le vie di comunicazione e di bloccare i rifornimenti che i teutonici stavano apportando ai propri commilitoni con l’intento di «ricacciare in mare» le truppe alleate sbarcate a Salerno nella notte tra l’8 ed il 9 settembre 1943.
In questo quadro drammatico, anche in Molise avvennero episodi di Resistenza, sporadici e non organizzati, dove l’opposizione fu per lo più passiva e per difesa dei propri armenti o per sfuggire al reclutamento per il lavoro coatto. In un solo caso ebbe le caratteristiche vere e proprie di una banda organizzata ed attiva, non solo nei confini del proprio territorio, ma anche allargando la propria azione nelle zone oltre regione: la banda partigiana di Giovanni Porfirio (foto) di Trivento. Costituita il 13 settembre 1943 alla «morgia di Pietrafenda» con pochi amici e compagni, raggiunse complessivamente una cinquantina di militanti e fu operativa sino al 15 gennaio 1944. Durante questo periodo ebbe diversi scontri armati con i tedeschi e fu attiva soprattutto nell’aiuto ai prigionieri alleati che fuggivano dai campi abruzzesi, portando loro al di là delle linee nemiche e salvandoli da una sicura cattura nemica.
Ruolo fondamentale in questo compito, grazie alla perfetta conoscenza della lingua inglese, fu svolto dalla compagna di Porfirio, Mary Neiman, un’ebrea polacca conosciuta a New York e condotta, dopo un lungo viaggio che portò i due persino nella Russia sovietica alla conoscenza del «comunismo reale», nella masseria triventina di proprietà di Giovanni. L’episodio fondamentale che caratterizzò la formazione partigiana avvenne, quando, il 24 ottobre del ’43, i tedeschi si recarono nella caserma dei Carabinieri Reali della cittadina, intimando al maresciallo Giuliano Cattari di consegnargli il capobanda ed i suoi uomini, pena l’uccisione di 10 giovani triventini.
Prontamente il graduato si recò nel casolare dove Mary ed i suoi figli si era rifugiata e, alla richiesta di rivelare il nascondiglio dei partigiani, la «prode donna», sono parole di Cattari, si offrì lei al posto del compagno. Quel gesto cambiò gli eventi di questa storia: il maresciallo e il suo appuntato, entrarono anche loro nelle fila della banda e con l’aiuto degli alleati del 1° Reggimento canadese, misero a ferro e fuoco il territorio con scontri che durano sino al 6 novembre, giorno in cui Trivento fu liberata, assieme ai 10 ostaggi presi dai nazisti.
La tradizione vuole che il 25 aprile i molisani vadano a rendere omaggio al cippo funerario di Giaime Pintor, intellettuale e partigiano che nel tentativo di superare le linee nemiche per raggiungere Roma, rimase ucciso da una mina nella frazione di Castelnuovo al Volturno del comune di Rocchetta al Volturno e al sacrario su Monte Marrone, elevato in memoria dei soldati del Corpo Italiano di Liberazione che conquistarono la roccaforte.
Alla luce dei nuovi studi che vedono anche il Mezzogiorno protagonista della Resistenza ed il Molise partecipante alla lotta di Liberazione con una banda riconosciuta, sarebbe auspicabile, per il prossimo anno, commemorare anche i nostri partigiani andando nei luoghi dove questi fatti si svolsero, rendendo così onore a questa pagina di storia per troppo tempo relegata all’oblio.
Fabrizio Nocera