#parolaviva
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio. Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».
#vivilaparola
I passi maturi si nutrono di un canto originario, di un sogno, di un desiderio che viene da lontano: triste è l’incedere di un corpo senza melodia, pesante la gamba che si muove senza note, disorientato il piede che avanza senza una parola. Si tratta del soffio di una silenziosa danza, ascoltata sin dal grembo materno che rivela un ritmo unico: é la nascita dell’uomo che ogni giorno ricomincia dal ricordo di ciò che ha ricevuto e prende da quel che ha, andando per sentieri ignoti, sospinto dal vento, là dove sboccia e prende forma ciò che domanda nuovamente di venire alla luce e dirsi al mondo.
L’esistenza non è un blocco monolitico calato dall’alto dai tratti regolari, bensì una parabola dal basso, irregolare, terrosa, fatta di fango e di cielo, tra le cui fibre sussulta l’eterno: sottrarsi all’inquietudine sarebbe lentamente morire, esporsi al rischio della meravigliosa avventura è vivere, trovare il proprio posto nel mondo è sopra-vivere, scoprire il segreto che dona senso e significato è essere felici.
Nel Vangelo di questa domenica, troviamo un Gesù umile che non pretende di avere la verità in tasca: sarà lo Spirito Santo a condurre i suoi a comprendere ciò che ancora è sconosciuto e sospingerli verso il futuro di Dio. Nonostante riconosce che i discepoli abbiano una fede fragile affida loro il compito di essere suoi ambasciatori nel mondo: uno sprovveduto, penserebbe qualcuno! Come può affidare la missione della testimonianza a chi non offre garanzie di credibilità? Che razza di Dio è, se non conosce nemmeno i suoi? Gesù è l’amore umile, non impone ma dona ciò che dal greco “paràcletos”, vuol dire “chiamato in difesa”, “chiamato accanto”, “chiamato in aiuto”: conosce la debolezza, la smemoratezza, l’incostanza e i dubbi dei suoi, per questo invoca l’avvocato, il difensore, il Consolatore. Non li lascia soli, li assiste, li guida e ricorda loro ciò che non devono dimenticare eppure spesso dimenticano: la verità non è un concetto astratto, una rigida morale da imporre, ma un’esperienza liberante e concreta di amore.
Il cristianesimo non è la religione dei perfetti, dei dotti, ma degli amati da Dio: la Chiesa non è un club dei potenti, di dottori e moralisti che hanno la verità in mano, bensì è la comunità dei fragili che ha Dio per sostegno. Si tratta dell’esperienza di un popolo sospinto dal vento dello spirito di bontà che, in mezzo alle tempeste della storia, è segno di una nuova speranza. L’essenza della fede cristiana è tutta qui, la presenza amorevole di un Dio che è per te, per me e per tutti, cammina a piedi nella storia, non abbandona nessuno: ma ricorda, insegna, assiste, soffia nelle vele della vita di ciascuno, per condurre tutti alla verità di sé stessi, al canto originario e all’eterna danza, a quel mistero di bellezza che dona sapore e consolazione all’anima.
#farsiparola
Chi ha spiegato le vele al soffio dello Spirito Santo ed ha testimoniato la verità dell’amore di Dio fino a donare tutto se stesso è stato Marcello Candia: nato il 27 luglio 1916 a Portici in provincia di Napoli, dove la famiglia di origini milanesi si è trasferita per ragioni di lavoro del padre, un ricco industriale dell’acido carbonico. Quando a 17 anni ha perso la madre, dalla quale ha appreso l’amore per i più poveri, inizia a lavorare alla fabbrica di famiglia. Allo stesso tempo ha continuato gli studi ed ha ottenuto il dottorato in Chimica, e successivamente la laurea in Scienze biologiche e in Farmacia. Tuttavia l’amore per i poveri non lo ha mai abbandonato, l’impegno nelle opere benefiche non è mai venuto meno, anzi è culminato nel desiderio, poi realizzato, di andare in missione a servire i poveri.
Il sogno si è concretizzato quando venduta la fabbrica e provveduto a sistemare tutti i suoi lavoratori, il dottor Candia riceve il crocifisso come missionario da monsignor Pirovano e decide di stabilirsi a Macapá il 28 giugno del 1965. L’Ospedale, la scuola per i bambini analfabeti, le mense per i poveri sono solo alcune delle tante strutture che ha finanziato e costruito, la cui gestione, dopo l’avvio, affida ai religiosi. In questo modo ha deciso di seguire Gesù, da celibe, tra i poveri e dedito alla carità. Percorrendo le vie dove lo Spirito Santo lo guida, infine si è trasferito al centro per lebbrosi di Marituba, che ha lasciato a causa di un cancro alla pelle, ormai esteso ai polmoni e al fegato che lo ha ucciso a 67 anni.
Marcello Candia si è davvero santificato “nonostante se stesso”, ha scritto qualcuno; incompreso e criticato fino all’ultimo, ma amato dai poveri. Al centro della sua intensa attività c’è stata la preghiera contemplativa, da cui trae la forza per superare tante incomprensioni e difficoltà, e realizzare con azioni concrete l’amore per i più bisognosi che sentiva battere nel cuore.
Paolo Greco