Dalla loro scoperta, avvenuta nel 1986, i recettori metabotropici del glutammato (mGlu) hanno aperto la strada a una serie di ricerche, volte soprattutto a sfruttare il loro ruolo fondamentale nella trasmissione dei segnali nervosi. La disfunzione di queste molecole, situate nella membrana delle cellule, è infatti coinvolta in gravi patologie neurologiche, dalle demenze all’autismo, dal Parkinson alla schizofrenia, per fare qualche esempio.
In oltre trenta anni di ricerche questi recettori, divisi in 8 sottotipi, si stanno sempre più dimostrando un importante bersaglio per lo sviluppo di terapie innovative. La loro caratteristica di essere dei modulatori della trasmissione di impulsi tra neuroni, infatti, sta guidando una serie di sviluppi scientifici volti a sfruttare proprio questo effetto regolatorio in modo mirato. Si apre la strada di una medicina sempre più di precisione, “disegnata” sul paziente.
Su questa linea si sono mossi i contributi che i ricercatori dell’I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli hanno portato al X Congresso internazionale sui recettori metabotropici del glutammato, in svolgimento in questi giorni a Taormina e organizzato dal Professor Ferdinando Nicoletti, responsabile dell’Unità di Neurofarmacologia dell’Istituto molisano e componente del gruppo di ricerca che ha scoperto i recettori mGlu. Le prime giornate della manifestazione scientifica hanno visto tre presentazioni orali da parte di altrettanti studiosi Neuromed.
Il lavoro di Giada Mascio si è concentrato sulle reti perineuronali, che, composte di proteine e carboidrati, formano una specie di rivestimento attorno alle cellule nervose, che diventa via via più compatto durante lo sviluppo cerebrale, rendendo gradualmente più difficile stabilire connessioni. È una componente importante nella cosiddetta “plasticità”, la capacità di apprendimento, che infatti nei bambini è molto superiore rispetto agli adulti. I neuroni stabiliscono nuove connessioni tra loro in risposta agli stimoli ambientali ricevuti. Alterazioni in questo meccanismo, con disfunzioni della “finestra di apprendimento” del cervello, potrebbero avere un ruolo determinante in patologie come la schizofrenia, ma anche nelle dipendenze.
Farmaci che agiscono solo quando vengono attivati da un raggio di luce, una prospettiva alla quale la medicina guarda con sempre maggiore interesse. Serena Notartomaso ha esposto la possibilità di usare questo tipo di farmaci per agire sui recettori mGlu di tipo 5. L’obiettivo è di combattere il dolore cronico neuropatico, in cui spesso i farmaci comuni perdono la loro efficacia, attraverso un’azione analgesica a livello cerebrale estremamente rapida e localizzata. “Accendendosi” solo sotto l’impulso luminoso, infatti, il farmaco circola inattivo nel sangue senza provocare effetti collaterali. La luce lo farà diventare efficace solo nella zona cerebrale in cui l’azione analgesica è necessaria, e solo per il periodo di tempo voluto.
I processi neurodegenerativi, alla base di patologie come l’Alzheimer ma non solo, sono infine i protagonisti della relazione presentata dal professor Giuseppe Battaglia. I meccanismi che sono alla base della degenerazione neuronale, e l’effetto che nuovi farmaci possono avere nel rallentarla, possono essere studiati su modelli animali attraverso un “microscopio virtuale”. Grazie a un fascio di raggi X ad alta brillanza, infatti, la ricerca, realizzata in collaborazione con il Sychrotron Radiation Facility europeo e con l’Università di Monaco, ha già permesso di individuare alterazioni a livello intracellulare in modelli animali di una patologia simile alla malattia di Alzheimer. In altri termini, osservare il fenomeno molto più a fondo e nel dettaglio. Ma anche studiare e valutare in modo innovativo l’efficacia e i meccanismi di azione di nuovi farmaci neuroprotettivi.