#parolaviva
In principio era il Verbo,
e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
Egli era, in principio, presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di lui
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre
e le tenebre non l’hanno vinta.
Veniva nel mondo la luce vera,
quella che illumina ogni uomo.
Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. fra i suoi,
e i suoi non lo hanno accolto.
A quanti però lo hanno accolto
ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome,
i quali, non da sangue
né da volere di carne
né da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati.
E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi abbiamo contemplato la sua gloria,
gloria come del Figlio unigenito
che viene dal Padre,
pieno di grazia e di verità.
#vivilaparola
I passi dell’andare umano segnano l’esposizione dei corpi al rischio della strada, ma più ancora esprimono il desiderio dell’anima di agganciarsi ad significato buono che dia senso e disegna una meta verso cui dirigersi: la vita è un rischio immersa nell’apparente caos, le cui morse pure sperimentiamo, e tuttavia domanda una logica di bene che dia tono al ripetersi dei giorni tutti uguali e traduca nell’oggi ciò che ancora non vediamo, ma sappiamo che ci attende. Senza la luce restiamo nell’oscurità di un andare in balìa delle tenebre, per questo fabbrichiamo da noi le artificiali fiammelle, quali barlumi di speranza che ci consentono di vincere la paura: e tuttavia non ci bastano, abbiamo bisogno di più luce, di un fuoco che possa illuminare la notte delle nostre esistenze inquiete. La fatica del vivere sta nel sopravvivere quotidiano, non in quanto vivacchiare, bensì nel senso letterale del suo significato, ossia di trovare un motivo superiore che ci faccia vivere sopra gli abissi del male: ciò che riscalda la nostra solitudine e fredda esistenza, ed abbia il potere del bene. Il sole ogni giorno sorge, anche dopo una tempesta sta lì con i suoi raggi a fare esplodere la vita che germina anche sotto la neve d’inverno: così la nostra esistenza agganciata a quel bene che la anima, nei giorni desolati dal sofferto passo, diviene grembo di vita che ritorna a mettere i suoi fiori.
Il Vangelo di questa domenica ci sospinge ad aprire il nostro cuore allo stupore del mistero che abbiamo contemplato a Natale.
Siamo invitati a compiere il passaggio, dalle emozioni belle al bello delle emozioni, a ciò che è il “Bello” il veramente “Buono”, al “Vero” che suscita in noi sentimenti di gratitudine: Dio è qui. È carne. Cammina con noi. È al nostro fianco nonostante tutto. È la luce che illumina le nostre oscurità, l’affannosa e spesso incomprensibile vita. Colui che è il principio, Dio eterno, creatore di ogni cosa, da cui possiamo sempre attingere, e sempre continua ad alimentarci con il suo amore. È bello sapere che dove è in gioco la nostra vita, c’è sempre una vita più grande di noi che si è messa in gioco prima di noi e per noi: dovremmo crescere nella sana consapevolezza che il segreto della nostra ingarbugliata vita si trova oltre noi.
Pensare Dio come principio, significa pensarlo anche come fine, tutto a lui si dirige, verso l’orizzonte divino camminiamo: mentre la sua nascita ci dice che è anche nel mezzo della storia umana, è al centro anche se noi continuamente cerchiamo di sostituirci a Lui. Giovanni ci ricorda nel Vangelo che Lui era la luce che veniva nel mondo, tra le falsi fuochi del mondo, Lui è la luce vera che squarcia le nostre esistenze, quella che illumina ogni uomo: il cristiano non è testimone di una nuova teoria religiosa, ma è un testimone della luce, colui che è chiamato a comunicare la vita di Dio per ciascuno, i buoni e i cattivi, i giusti e gli ingiusti, nella chiesa e fuori dalla chiesa. Perché nessuna vita è fuori dalla luce divina, che le tenebre non hanno vinto, e non vinceranno mai.
#farsiparola
Chi ha accolto il Verbo eterno, la luce che illumina le tenebre del mondo e ne è stato un suo riflesso è stato Desmond Tutu, primo arcivescovo anglicano nero di città del Capo che nel 1984 ricevette il premio Nobel per le iniziative politiche intraprese per abbattere le differenze tra bianchi e neri. Nato il 7 ottobre 1931 a Klerksdorp, una città a ovest di Johannesburg, Tutu è stato insegnante prima di entrare al St. Peter’s Theological College di Rosetenville nel 1958 per la formazione sacerdotale. Fu ordinato sacerdote nel 1961 e sei anni dopo divenne cappellano dell’Università di Fort Hare. Si trasferì in Lesotho e di nuovo in Gran Bretagna, fino al rientro in Africa nel 1975. Diventò vescovo del Lesotho, presidente del South African Council of Churches e, nel 1986, primo arcivescovo anglicano nero di Cape Town. La sua vita di lotta non è stata facile, nel 1980 fu arrestato per aver preso parte a una protesta e in seguito gli fu confiscato il passaporto. Riuscì a recuperare il documento e viaggiare negli Stati Uniti e in Europa per intrattenere colloqui con il segretario generale delle Nazioni Unite, il Papa e altri leader della chiesa.
Conosciuto in patria con il soprannome di ‘the Arch’, ha lasciato in eredità un Sudafrica libero, dalla convivenza pacifica e l’integrazione delle differenze, un uomo di straordinario intelletto, integrità e invincibilità contro le forze dell’apartheid, è stato tenero e vulnerabile nella compassione per chi aveva sofferto l’ingiustizia e la violenza sotto la segregazione e per gli oppressi e gli emarginati di tutto il mondo. Viene solitamente accreditato per aver coniato l’espressione Rainbow Nation “nazione arcobaleno” , e fu in seguito ripresa da Nelson Mandela suo compagno nella battaglia per la liberazione del Sudafrica, e divenne parte della cultura nazionale del paese.
Tante sono state le iniziative politiche intraprese da entrambi per abbattere le differenze tra bianchi e neri: come l’idea della commissione Truth and Reconciliation Commission, di cui è stato presidente, che aveva il compito di indagare sulla violazione dei diritti umani. Ha dichiarato Welby arcivescovo di Canterbury, che Tutu era un profeta e sacerdote, un uomo di parole e di azione, una persona che incarnava la speranza e la gioia che erano le fondamenta della sua vita. Era un uomo di straordinario coraggio personale e audacia: quando la polizia fece irruzione nella cattedrale di Capetown, li ha sfidati ballando lungo il corridoio”. È stata una figura carismatica che ha saputo testimoniare un cristianesimo concreto, pienamente aderente alle esigenze della sua storia, vicino ad ogni persona, soprattutto gli emarginati e i maltratti ingiustamente.
Paolo Greco