#parolaviva
In quel tempo, poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco». Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».
#vivilaparola
Ognuno attende, una soluzione a qualche difficoltà, un poco di salute e benessere, un amore, un lavoro, una via di uscita, la fine del Covid-19: tutti aspettiamo qualcosa o qualcuno, desideriamo e speriamo. Portiamo dentro un insopprimibile bisogno di senso, di ostinata ricerca di pienezza, e di ciò che possa dare significato ai nostri irrequieti giorni. Per quanto vogliamo tacere questa nostra dimensione umana, siamo creature che dentro hanno una tensione verso ciò che ci supera, e va oltre: il presente non ci basta, avvertiamo che c’è qualcosa più in là, oltre la siepe, che spinge a percorrere sentieri alla ricerca di felicità. L’attesa ci spinge fuori dalle nostre comodità ed egoismi, e ci permette di ex-sistere, appunto di uscire, muoverci, camminare sulla strada, e assaporare l’esserci, ed andare incontro a ciò di cui avvertiamo la tremenda mancanza. Quando i desideri sono sottomessi alla dittatura dei bisogni smettiamo di vivere, non gustiamo più la vita.
Il Vangelo di questa domenica ci presenta gli eventi che segnano l’inizio della vita pubblica di Gesù: il quale si reca presso il fiume Giordano, tra i peccatori come uno sconosciuto, per riceve il battesimo di penitenza dal cugino Giovanni il Battista. Tutti erano in attesa del compimento delle antiche profezie e si chiedevano se non fosse proprio quell’uomo strano del deserto dalla convinta voce, colui che stavano attendendo. Colpisce il fatto che tutto questo non accade a Gerusalemme, nel grande Tempio, il luogo della presenza di Dio, bensì a diversi chilometri di distanza dal centro, presso la periferia, dove il vento alza la sabbia e l’acqua bagna i piedi: Dio ama sorprenderci, ma soprattutto sceglie i margini per rivelare la sua grandezza.
Quando la religione diventa un centro di potere per sottomettere gli uomini non compie più la sua funzione liberatrice, ma si sostituisce allo stesso Dio che dice di adorare, divenendo essa stessa un idolo. Giovanni, uomo onesto e dal cuore umile, non soltanto non approfitta delle attese della gente per prendere il posto di Dio, non gioca a fare il salvatore, ma sgombra il campo da qualsiasi equivoco, non è lui colui che attendono: addirittura si spinge oltre, come solo i puri cuore sanno fare, indica un altro, colui che viene dopo, ed è più forte di lui, che battezzerà nello Spirito dell’amore e nel fuoco della croce. Usa parole volutamente forti, profetiche, che si comprenderanno soltanto alla fine della vicenda di quel Nazareno che ricevuto il battesimo, raccolto in preghiera, diviene il terminale di una parola che squarcia i cieli e genera una nuova storia sulla terra: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».
“Figlio”, “amato” e “compiacimento” sono le tre parole che definiscono il principio di tutto, nel battesimo scopriamo questa figliolanza, l’amore unico e incondizionato di un Dio che è padre, e che trova compiacimento nella nostra vita buona, capace di amare come ama Lui. La fede è questa esperienza bella, che dona un sapore e una direzione altra alla vita: ciò che ci viene incontro spesso non è ciò che ci attendiamo, ma proprio questa novità rende nuova la nostra esistenza.
#farsiparola
Chi ha scoperto di essere figlia amata da Dio è stata suor Jocelyne Chahwane, una intrepida suora che sui monti del Libano, nel quieto villaggio di Fatka, a trenta chilometri a nord di Beirut, lotta insieme alla sua comunità per sopravvivere e per fornire cibo e cure a donne anziane, bambini malati, famiglie in miseria. Si tratta di una sfida quotidiana alla fame, al freddo, alle malattie, combattuta in un paese devastato dalla povertà, saccheggiato da una politica rapace, fiaccato dall’emigrazione, dove i giovani sognano la fuga e gli speculatori si arricchiscono col mercato nero. Le religiose della Congregazione delle sorelle maronite della Sacra Famiglia affrontano con tenacia la situazione, ma anche con l’ansia di non superare l’inverno.
Dal numero di gennaio 2022 di “Donne Chiesa Mondo”, il mensile de L’Osservatore Romano, raccolgo questa storia che profuma di Cristo. «Crisi economica e pandemia hanno fatto sparire i turisti. Stranieri, non ne vengono più. Siamo in un grande isolamento», spiega suor Jocelyne. E nel frattempo la casa di riposo ha deciso di accogliere anche le donne anziane dei dintorni: tra religiose e laiche, ospita 70 persone. Le accudiscono 30 dipendenti, «donne anche loro: madri, spose divorziate, con problemi. A tutte dobbiamo dare ogni giorno da mangiare. Ed è un’impresa».
Suor Jocelyne ha 49 anni, si è consacrata ventun anni fa. Libanese di Beirut, aveva 28 anni e lavorava come manager in una grande società farmaceutica, quando, durante un ritiro spirituale, affrontò una grande crisi interiore che la condusse a lasciare tutto per seguire Gesù, e così essere felice, a differenza di quel giovane che nel Vangelo se ne tornò a casa triste perché il suo cuore era troppo attaccato alla ricchezza materiale.
A Beirut è responsabile delle tecnologie dell’informazione della Congregazione, ma è presente nella storia di un popolo che si trova a vivere una crisi economica e sociale che la Banca mondiale ha definito la peggiore degli ultimi 150 del paese: due terzi della popolazione vive sotto la soglia di povertà e l’inflazione fa il resto. A cui si è aggiunta anche la terribile pandemia, dove a rimetterci sono sempre quelli che stanno peggio. «La nostra ansia quotidiana, continua suor Jocelyne, è come assicurare ciò che serve per vivere, a cominciare dal cibo. (…) È una lotta per avere le cose più elementari». Manca, anche, l’elettricità. Mancano anche le medicine. La comunità cristiana è la più colpita dalla crisi.
Paolo Greco