Una Scanno attonita, silenziosa, triste ha accolto il feretro di Gregorio Rotolo giunto nella Chiesa Madre. Le campane hanno echeggiato, senza pari, il pianto di disperazione che ognuno dei presenti, in tantissimi e da ovunque, dinanzi al sagrato e nell’affollata Chiesa, portava sul viso e nel cuore.
Un pomeriggio freddo reso magico nel suo splendido sole di marzo, ha inteso salutare l’amico Gregorio. La neve, corollario gradito da sempre da egli, non è voluta mancare nel porger omaggio, ponendosi lateralmente alle strade. Essa, nel veder passare il feretro, che sembrava sorridere e ringraziare per la manifestata ed accorata partecipazione, coperto di rose rosse, si tingea di rosso.
Gregorio aveva previsto tutto, proprio tutto. Erano giorni duri da passare per un soldato della pastorizia diventato poi, suo generale. “ Non pastore ma pecoraio… “ egli amava definirsi. “ Sono felice di essere il pecoraio delle mie pecore, quello che le accudisce e le rende libere di donarsi al Mondo ed in primis a me, umile pecoraio del Parco più bello che ci sia “. Così Gregorio accoglieva tutti : buoni, cattivi, amici, nemici, donne, uomini, bambini e animali. Sempre sorridente, sempre attento a non invadere il campo di altri, sempre pronto a delineare tracciati sul filo della lana colorata di Pace.
Quella lana con cui amava vestirsi il capo e le membra, quella lana che avrebbe istituito il filo conduttore della sua vita, e della vita della sua splendida famiglia. Non ha chiuso gli occhi, il caro Gregorio. Ha solo spento la luce per poter convivere senza più fretta con i suoi dolci sapori di terra, di latte, di animali al pascolo, d’erba, di pioggia, di sole, di “Vita”.
Si sveglierà in quel posto magico che lo ha reso famoso, in quel posto lussureggiante di verde, di acqua di voglia di libertà che è il “Paradiso”. Parlare di Gregorio come l’ultimo dei romantici paradisiaci pastori del Parco è sicuramente più facile. Commemorarlo per quello che ha fatto nella sua vita da sempre vissuta tra i campi e le alture abruzzesi, è gioco forza contemplabile.
Parlare di Gregorio Rotolo come amico, fratello, padre senza figli ne moglie, compagno, zio, è ancora più semplice ma decisamente commovente e pieno di ricordi. Ci proveremo sperando che ogni lacrima versata porti a germogliare il fiore di cui egli si profumava il cuore.
Era un ragazzino, quando lasciò la scuola per vestirsi dei panni da pastore. La sua vita era all’aria aperta, a contatto con “ Dio “ e le sue meravigliose opere. Non si distaccò mai da esse dando loro dei nomi e considerandole sorella, madri, amiche. Poi vennero gli animali a costituire la famiglia e tutti il creato divenne una casa tale a “ l’Arca di Noè “.
Magia su magia, alberi su alberi, monti su monti, tratturi su tratturi, riuscì a costruire il suo mondo e farne una groviera, tana per piccoli uomini da salvare dal maleficio dei tempi moderni. Divenne un giovanotto ed il suo sogno si avverò. Una fera azienda agricola dove poter trarre ogni tipo di ristoro. Mai disattento, mattone su mattone dichiarò “ guerra “ all’immobilismo di una certa politica e nel continuare il suo acculturarsi, ebbe a offrire a chi ne avesse chiesto facoltà, ogni collaborazione, ogni sua emozione, ogni sua creatura animale, vegetale, culinaria.
La sua Valle Scannese divenne così punto di riferimento, e la vita si pose al servizio di chi volesse viverla per quel che di più bello potesse offrire. Una ascesa senza muri, una sorpresa dopo l’altra sino alla benedizione di un Papa, vero e non di fantasia, che ebbe a dichiarare egli eterno amore e simpatia. E poi, i giornali, i telegiornali, i documentari, le fiere, la voglia di essere quello di sempre per sempre : Gregorio. Il suo cappello rosso di lana è l’emblema di un orgoglio senza limiti di spazio, ma nella consapevolezza che dell’orgoglio si poteva e si può essere partecipi senza essere autoreferenziali nel porre il proprio sapere e le proprie azioni verso la disponibilità altrui.
Questo si chiama : Bene collettivo ! Gregorio era e resta : Il Bene collettivo. Tempi passati che non cancellano quanto la gioventù è inesperta ma mai vana. Tempi presenti che non cancellano quanto la matura età, detta regole ben precise di sostenibilità. Tempi futuri che non potranno cancellare quanto il nostro omone dal bastone amico, ha seminato. Saprà aspettare ancora, come ha fatto sempre, come sempre ci ha insegnato. Non bisogna dar fretta agli eventi né tantomeno alla natura, alla vita. – “ Siamo di passaggio, siate seminatori. Se non potrai raccogliere tu il frutto del seme, goditi il sapore di chi ha raccolto dopo di te “- questa è la storia in sintesi di un uomo che ha seminato per se e per tutti noi. Resta a noi saper aspettare gli eventi e nel suo insegnamento, mai dimenticare che Gregorio sa aspettare.
Sarà felice si vederci raccogliere il suo seme, e godere insieme del suo generoso frutto. La messa è terminata, il feretro torna fuori delle sue mura, si avvia verso la notte. Sarà chiuso in un posto stretto, angusto e mai più luminoso. Lui no, lui, il nostro Gregorio, saprà accendere le stelle, parlar con loro per non farle addormentare affinché il loro splendore sia il suo ed il suo, come sempre, il nostro. Aspetteremo e con lui vivremo ancora giornate di sole, di neve, di gioia, di pianto.
Non ci resta che asciugare le lacrime e vedere, aspettando, i prossimi fiori da esse irrorati. Non parliamo di morte, Gregorio non approverebbe. Diamo speranza alla Vita, lui sarà, come è adesso, felice. Ciao amico del Mondo, presto la tua tomba sarà al cospetto della luce e noi con essa risparmieremo il tempo di trovar l’interruttore.
Maurizio Varriano