Il rischio è quello di aumentare il divario tra colti e stolti – chiaramente è una piccola provocazione – e lo spettro di un biglietto a pagamento per gli altri siti ed ogni monumento che abbia carattere culturale.
La decisione di istituire un biglietto d’ingresso al Parco Archeologico di Sepino, annunciata dal direttore dello stesso Dott. Enrico Rinaldi in linea con quanto il ministro Sangiuliano (in continuità con il predecessore Dario Franceschini), vuol porre in essere per i luoghi della cultura, pare sia giunta a conclusione in questi giorni .
Non vi è ancora ufficialità ma le parole e l’indirizzo fanno si che, secondo quanto arriva all’orecchio a seguito di indiscrezioni di Palazzo, il biglietto d’ingresso sarà disposto ed il suo insignificante ricavato sarà ripartito per garantire una migliore fruizione del sito, come se adesso non vi sia la possibilità di goderselo in Santa Pace. Ci saranno degli esoneri, a discriminare ulteriormente i fruitori, come già avviene per i musei, per i minori di 18 anni, le categorie protette, i docenti che accompagnano le scolaresche. La gratuità spetterà ai residenti del comune di Sepino a riprova che la Cultura non è per tutti, anche se è di tutti.
Dopo aver letto la riflessione della brava giornalista Marisole Garacci, che rifletteva su un’altra analoga situazione, quella del Phanteon a Roma, che a breve, dopo l’accordo con il MIC guidato dal Ministro San Giuliano, sarà a pagamento, concordando con la sua analisi riportiamo riflessioni e regioni per cui la cultura non può ridursi ad un affare e una condizione per pochi ma deve essere posta liberamente e gratuitamente per favorire libertà, conoscenza e partecipazione.
Il biglietto sarà introdotto non appena si concluderanno i passaggi tecnici necessari, ma con l’alta stagione turistica alle porte, e considerata l’intensità del flusso turistico, si spera, giù concentrato sull’area, c’è da prevedere che le difficoltà di assestamento non mancheranno. Nonostante l’apparente liberalità delle condizioni di tariffazione per gli ingressi e senza mettere in discussione le buone intenzioni delle parti coinvolte, resta il fatto che con questo atto viene smontato in Molise, un altro pezzo di civiltà e di diritto alla storia. Questo, nella quasi totale indifferenza e impotenza di tanti molisani e italiani che non frequentano e non sono più abituati a percepire i beni comuni se non in un’accezione patrimoniale e materialista: appunto, un patrimonio e non certamente non un’eredità o un legato, per godere del quale diviene naturale il pagare.
Aspetto forse più nocivo e socialmente retrivo è la gratuità riservata ai residenti del solo comune di Sepino, che escluderà i cittadini dei comuni limitrofi e quelli del Molise. Centinaia di persone che quotidianamente lavorano, studiano e recano il loro apporto alla vita della Città Antica e le cui esistenze orbitano attorno a essa; ma che, combattendo disperatamente contro un servizio di trasporto pubblico disastroso, si troveranno ancor di più costretti a condurre le proprie vie verso altri lidi meno difficili da raggiungere e più gratificanti dal punto di vista della considerazione.
Con questa misura classista si distrugge un’idea di “Altilia “e di cittadinanza realistica e democratica, che superi l’antiquata dicotomia centro/periferia e coinvolga un territorio ben più ampio ma egualmente partecipe delle dinamiche culturali del sito.
Più desolante di questa constatazione, c’è soltanto la previsione che, dopo il precedente costituito dal sito archeologico, in futuro potranno essere sottoposti a pagamento anche gli ingressi in tutte le altre chiese storiche e ogni altro monumento del Molise, che costituiscono il tessuto di un incredibile museo a cielo aperto, e che sostengono e arricchiscono, nel loro straordinario insieme, proprio le numerose e importanti presenze museali che costellano quel tessuto.
Insomma, potremmo ritrovarci a pagare per entrare a salutare Paolo Gamba o i Crociati e Trinitari, a pagare per giocare nelle piazze di Campobasso o dinanzi la Cattedrale di Isernia, pagare per meravigliarci del finto barocco della Sotto basilica di Castelpetroso o per condividere il Corpus Domini a Campobasso.
Chi trascura che questa bellezza e questa storia sono parte integrante della vita dei Molisani, una parte ineffabile e irrecuperabile, una volta che sia stata alienata, della vita quotidiana, affettiva e personale di chi frequenta la regione; chi questo non lo capisce perché non ci crede, non lo vive, non lo percepisce, e magari tuona contro un poco di zuppa di piselli o di vernice lavabile, aggiunge un velo di tristezza e di povertà sul Molise, e le toglie qualcosa proprio nel momento in cui dichiara di volerla arricchire.
Pensiamo alla transumanza, alla possibilità di condividere la sua vitalità longeva di millenni, la sua poesia che emana dalle pietre scolpite di volti, frasi, editti. Non più vita ma morte di un centro che delle sue gesta ne fa divulgazione spontanea e veritiera, delle sue vezzose linee architettoniche, gioia di chiudere gli occhi e soffermarci a pensare che il Mondo non è così avido poiché prima o poi per tutti ci sarà compendio e suoni “gratuiti” che non dettano differenze di classe, di cultura, di colore soprattutto politico e irriverentemente coinvolto nella distruzione di libri fatti di carta per porre accenti di modernità senza l’onere della uguaglianza culturale che di certo, non vuol dire omologazione ma democrazia culturale.
Non si torni ad incendiar libri, anche se solo figurativamente, ma si torni ad incendiar i cuori e le menti di quella voglia di cultura che rende liberi, consapevoli, e salva da scempi che solo l’impavida voglia di danaro possono generare. La cultura non è assimilabile ad una partita di calcio della quale si può far a meno o ascoltarla alla radio. La cultura è Libertà. La Libertà è partecipazione, non affaristica soluzione!
Maurizio Varriano