Mentre si strombazza la vittoria per aver finalmente visto fermarsi e ripartire dalla stazione ferroviaria di Isernia un treno a trazione elettrica, cosa estremamente positiva, ancora ci si chiede il perché la linea da Isernia a Campobasso è ferma ai pali elettrici.
Un’attenta ricognizione della tratta interessata e fonti estremamente attendibili, ci rappresentano una realtà che per i più è sconosciuta. L’Armafer, l’impresa leader nel settore delle strade ferrate in capo a Rino Morelli, molisano d’adozione anche in virtù della proprietà della bellissima struttura alberghiera campobassana “Centrum Palace Hotel”, nonché a capo del settore “Turismo” di Confindustria Molise, da tempo ha ultimato le opere di armamento dei binari nonché del sistema della catenaria, ovvero l’insieme delle condutture che distribuiscono l’energia elettrica sulla linea e la trasmettono ai treni per mezzo di dispositivi di captazione, i cosiddetti pantografi.
Nel pensare che tutto possa essere, quindi, pronto per l’inaugurazione della tratta Campobasso/Roma via Roccaravindola, ci si pone la domanda di perché tanto ritardo e della spesa che magicamente pare essere lievitata. L’arcano è presto svelato e ne partecipiamo la condivisione.
Tutti sappiamo che la linea ferroviaria in questione è percorribile in superficie e in gallerie che furono costruite a opera d’arte per treni senza pantografi atti all’elettrificazione dei treni. All’uopo, per garantire l’accesso degli stessi nelle gallerie, già modificate in passato per permettere il passaggio dei treni cosiddetti “Minuetto”, hanno subito, le medesime, un ulteriore riassetto con la necessità di un abbassamento del piano di posa dei binari.
Tale condizione indispensabile ha creato dei cedimenti che necessitano di operazioni di consolidamento di non poco conto che, non preventivabili, hanno causato e causano ritardi nella consegna dei lavori e ogni altra conseguenza in termini di disagi e maggiori costi.
Se poi burocrazia e competenze vengono usate per rimpallarsi responsabilità e danneggiare utenza e politica locale, il resto è la conseguenza logica di disfunzioni, ritardi, coinvolgimenti emotivi, negazione delle evidenze e perifrasi logorroiche che minacciano anche la tranquillità di manovra di chi deve decidere il bene della collettività.
L’approvazione del piano trasporti da parte del Consiglio Regionale del Molise ne è prova nel comportamento di chi della politica ne fa mestiere e quello che dice oggi lo pone vecchio già ieri. Chi governa urla di andare alla grande quando all’opposizione urlava il disastro.
L’opposizione racconta l’opposto. Il tutto nel rispetto dei ruoli che si ricoprono, non della realtà. A ruoli invertiti direbbero l’opposto circa la medesima circostanza. Nessuno vuol confondersi nella realtà dei fatti e tutti galleggiano nelle more del tempo che scorre per gettar fumo bianco nelle canne fumarie dei camini posti nelle case dei cittadini.
Razionalizzare la spesa è un dovere e la consapevole condizione di sudditanza della politica da chi comanda davvero (gli untori della burocrazia, direbbe Manzoni) riduce i dibattiti a meri incontri per darsele di santa ragione. Il Molise è una terra splendida, biodiversa e altamente libera da condizionamenti ambientali, condizioni vitali per poter restare e non andar via senza speranza o nella stessa, di poter vivere meglio e più a lungo, ma non certamente concreta nell’esporsi a concetti di solidarismo culturale, politico e economico.
“Si parla si parla e non si arriva mai a niente” e, “si è puri come una bestemmia”, per dirla con titoli di canzoni tratte da album di Lino Rufo e Rossella Seno. Sarebbe bello concedersi riflessioni e non occupare spazi che non sono più confacenti alle difficoltà che una delle regioni più incipienti e che non trova ancora il balcone dal quale affacciarsi con le dita che frecciano la V di vittoria, come fece Gigino Di Maio per urlare “Ce l’abbiamo fatta” e ancora oggi ci si chiede cosa e perché sprecare tanto fiato per nulla.
Aspetteremo ancora del tempo, saremo ancora pazienti, vedremo ancora nascere il sole e goderci lune piene di speranza e da buoni molisani, faremo ancora finta che “Tutto va ben”, anche perché: “Non si sa mai, non si sa mai, quel che al mondo ci può capitar. Non si sa mai, non si sa mai, quello che è stato non può più tornar.
Tre o quattro sbagli al giorno tu puoi far, ma se si tratta dopo di pagare io mi sento male. Sai, non si sa mai, ohè!”. Dimenticavamo: se arriveranno i treni, come sarà, ci sarà da aspettare sino al 2025, fermo poter partire da Bojano e sperare di intermodalizzare la linea e collegarci a Rocca d’Evandro con l’alta velocità.
(pH di Lorenzo Pallotta)
Maurizio Varriano