«Un fatto muore quando nessuno più lo racconta», questa la frase di Erodoto da cui trae ispirazione l’articolo che ha l’intento di non far cadere nell’oblio il ricordo di un tragico evento accaduto a Forlì del Sannio il 10 aprile 1944, in attesa di portare a compimento un mio lavoro di ricerca che, sotto la guida sapiente del professor Fabrizio Nocera, spero di completare entro il prossimo anno.
La comunità di Forlì del Sannio, piccolo centro vicino Isernia, non ha mai dimenticato l’episodio che si è tramandato solo oralmente e la cui unica fonte scritta la si rinviene nell’opera di Ada Trombetta “1943-1944…. e fu guerra anche nel Molise“. Come spesso avviene in questi casi, ognuno ha in mente la propria versione dei fatti: il mio compito è quello di raccontare la storia attraverso le testimonianze ed i documenti.
10 aprile 1944 è il lunedì dopo Pasqua, la «Pasquetta», anche allora, come oggi, la giornata si trascorreva con la classica gita «fuori porta», ma non quel lunedì visto che l’Italia stava vivendo uno dei periodi più bui della propria storia. Il Molise era una «terra di mezzo» considerata «tra i due fuochi»: da una parte i tedeschi in ritirata verso nord e dall’altra l’esercito alleato che avanzava dal sud. Oltre ai bombardamenti, cannoneggiamenti e altri atti bellici che causarono la distruzione di città, monumenti e la morte di migliaia di persone, gli alleati si macchiarono anche di gravi delitti ai danni della popolazione civile. Vittime soprattutto le donne, destinatarie di violenze, stupri ed uccisioni. Donne lasciate spesso sole dagli uomini impegnati nel conflitto, deceduti o prigionieri delle forze alleate e successivamente dei tedeschi.
Tra le vittime civili anche Bianca D’Andrea, classe 1921, residente a Forlì del Sannio in piazza Margherita. Non sposata, probabilmente viveva una storia d’amore con un giovane che in quel momento non si trovava in paese. Come tutte le giovani della sua generazione sognava la fine delle ostilità, la realizzazione del suo essere donna, moglie e madre… sicuramente aveva il desiderio di una vita migliore.
In quel periodo a Forlì del Sannio erano presenti alcuni soldati del Secondo corpo d’armata polacco agli ordini del Generale Anders e a diretto riporto dell’VIII armata britannica. In casa D’Andrea, come in altre famiglie, alloggiavano alcuni soldati polacchi. Si condivideva la casa, il cibo e le abitudini e in questa casa i soldati di Anders dormivano nella stanza attigua alla cucina.
Erano quasi le ore 17 e la giovane Bianca, dopo aver espletato le faccende domestiche, si recò nella sala per posare alcuni bicchieri. Dopo qualche istante, probabilmente molestata da uno dei soldati, uscì di corsa urlando “papà, papà”. Nel giro di pochi secondi si consumò la tragedia: il caporal maggiore Jospeh Wiarius scaricò diversi colpi di pistola mitragliatrice sulla schiena della giovane donna che cadde a terra esanime. Nell’episodio rimase gravemente ferito anche il commilitone e connazionale del Wiarius: Tadeusk Windak.
L’omicida venne arrestato dalla polizia militare polacca. Non conosciamo le sorti del suo commilitone che istintivamente tentò di proteggere la giovane. Le indagini del caso furono condotte dal Pretore di Forlì del Sannio dottor Riccitelli che si avvalse della collaborazione del comandante della locale stazione dei Reali Carabinieri, maresciallo Negro.
Sul corpo della ragazza fu eseguita, per ordine dell’autorità militare alleata l’ispezione cadaverica. Qualche giorno dopo vennero celebrate le esequie con gli onori militari dei soldati del Secondo corpo d’armata polacco. Il corpo di Bianca ora riposa nel cimitero di Forlì del Sannio.
Bianca è una delle tante morti innocenti della storia, forse una «vittima scomoda, fastidiosa» di cui è meglio non lasciar memoria ed affidarsi all’oblio del tempo. Per questo nel giorno del 77° della sua uccisione, la Famiglia D’Andrea e tutti i nipoti, vogliono ricordare lei e tutte le donne offese in tutti i modi dal passaggio della guerra.
Sergio D’Andrea