Parola viva
In quel tempo, gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. Ed egli disse loro: “Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’” Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare.
Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero.
Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.
Vivi la parola
Dopoo le fatiche di una giornata di lavoro o di un’esperienza professionale, sentiamo la necessità di ritornare agli affetti più sinceri, a casa, per condividere ciò che è andato bene e quello che non è andato secondo le nostre attese. È un balsamo del corpo e consolazione dell’anima avere qualcuno con cui, mostrare ciò che fuori nascondiamo, e parlare senza sentirsi giudicati: condividere con chi ci ama, i successi ed i fallimenti del proprio percorso è qualcosa che non ha prezzo. Il riposo è necessario, anche se non tutti lo possono avere: con particolare attenzione scegliamo un luogo dove sconnetterci da tutto il resto e riconnetterci con noi stessi e il nostro spazio vitale, per ritemprarci dalle tante attività.
D’altronde non di vive solo per lavorare, o per ambire a professioni riconosciute, sarebbe molto triste un’esistenza a testa bassa senza la possibilità di godere del frutto del proprio lavoro: ma per fare comunione con l’altro e condividere le conquiste e anche le
cadute professionali. Non è la vita che deve servire il lavoro, al contrario è il lavoro che è chiamato al servizio della vita.
La pausa lavorativa, il tempo da dedicare alla famiglia e il giorno di festa, rigenerarsi corporalmente e spiritualmente, sono un diritto sacrosanto che nessuno può violare.
Il Vangelo di questa domenica ci presenta Gesù che accoglie i suoi discepoli di ritorno dalle fatiche apostoliche: ma la folla, mendicante di vita, è talmente tanta che si muove a compassione e ricomincia ad insegnare loro molte cose.
Dio ci invita ad andare in disparte, in luoghi deserti e fermarci: nel silenzio, la quiete e lontano dalle adulazioni che confondono e distraggono. Si tratta di recuperare quella sapienza del vivere che noi spesso dimentichiamo perché presi dalla frenesia delle cose da fare e il bisogno di gratificazione.
Dopo la fatica è necessario fermarsi, rallentare i ritmi, ritrovare se stessi e condividere con Colui che è il fondamento di tutto, le gioie e i fallimenti della missione. La quale non si regge sullo sforzo volontaristico del singolo, bensì sulla relazione di amore che l’ha generata: per questo è importante ritornare allo sguardo originario, alla parola e all’intimità iniziali. Perché è Lui il senso dell’andare e non i successi o le delusioni. Tuttavia anche nel tempo del riposo non gira la testa dell’altra parte: vede che molti sono coloro che vagano come pecore senza pastore.
Gli occhi del cuore non si chiudono mai a chi soffre e si trova nel bisogno: Gesù patisce insieme a quanti sono in cerca di una parola di vita, di un gesto di tenerezza e di una carezza salvifica. È consolante sapere che per Dio non conta il programma da portare avanti o la produzione, bensì le persone: non sono le cose a dare valore alla vita, ma la vita ha un valore in sé che niente e nessuno può offuscare
Farsiparola
Chi non ha avuto paura di confidare in Dio è stato Enrique Shaw, l’imprenditore argentino nato a Parigi il 26 febbraio del 1921 e morto Buenos Aires il 27 agosto del 1962.
Nato in una famiglia facoltosa, da padre titolare di una Banca e sua madre proveniente da una famiglia di imprenditori. Con la perdita della madre nel 1925 il padre si occupa dell’educazione cristiana dei loro due figli: Enrique è un eccellente alunno dei Fratelli delle Scuole cristiane a Buenos Aires, tanto da essere accolto nell’Accademia navale, dove si rivela uno straordinario testimone della fede fino a diventare, già ufficiale, catechista dei marinari.
Nel 1943 sposa Cecilia Bunge, e crea una famiglia cristiana allietata dalla nascita di 9 figli, di cui uno sarà sacerdote. Nel 1945, come giovane ufficiale della Marina, si recò negli Stati Uniti d’America, dove sentì che Dio lo chiamava ad evangelizzare il mondo degli industriali a cui apparteneva la sua famiglia.
Così accetta l’incarico di direttore dell’azienda di famiglia, che vive esercitando le virtù cristiane e facendo della dottrina sociale della Chiesa una regola di vita. In questo periodo aderisce all’Azione Cattolica e diventa responsabile nazionale fino a essere eletto presidente degli Uomini dell’Azione Cattolica Argentina, nel 1961. Inoltre isieme ad altri imprenditori, si impegna come segretario, nell’organizzazione degli aiuti umanitari per l’Europa del dopoguerra.
La sua vita di fede è tutta caratterizzata dall’intensa e assidua preghiera, la partecipazione alla Messa, la vita sacramentale regolare, la profonda devozione eucaristica e mariana, l’assoluta adesione al Magistero, specialmente nell’ambito della dottrina sociale.
Ha avuto uno zelo straordinario nel difendere e propagare la fede cattolica, preoccupato di orientare e sostenere concretamente la vita e le scelte dei credenti, nel loro ambiente familiare e di lavoro. Infatti ha affermato che: «L’imprenditore cattolico deve essere capace di distaccarsi dalla paura di perdere i beni nei quali confida per avere sicurezza economica e confidando in Dio e, con prudente ottimismo, assumersi qualche rischio, soprattutto se si tratta di sviluppare ricchezze naturali o di creare nuove e autentiche fonti di lavoro o quelle forme d’impresa, come il giornalismo, ad esempio, che anche se rischiose e improduttive, possono contribuire al bene comune». Inoltre ha lasciato scritto che «bisogna essere nei problemi temporali, ma non restare prigionieri dei problemi temporali».
Paolo Greco