#parolaviva
In quel tempo, i Giudei si misero a mormorare contro Gesù perché aveva detto: “Io sono il pane disceso dal cielo”. E dicevano: “Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo”?”.
Gesù rispose loro: “Non mormorate tra voi. Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Sta scritto nei profeti: “E tutti saranno istruiti da Dio”. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna.
Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia.
Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”.
#vivilaparola
Lungo il cammino della vita, non è difficile incontrare sentimenti contrastanti, non voluti ma pur sempre pungenti, come il clamore, le calunnie e le maldicenze: soprattutto quando si tocca il discorso del pane, dei soldi, il lavoro o di una professione che attira attenzione e riconoscimenti sociali. Molto può ferire l’invidioso: colui che si sente vuoto di sé e cerca soltanto nell’altro ciò che gli manca. Quando si è alternativa ad un sistema refrattario al cambiamento e garante dello status quo, non curante di chi sta messo peggio, sorgono sospetti, dietrologie e cumuli di fango: è impossibile che da quel tale può venire qualcosa di buono. Qui cade sempre la subdola domanda, diffusa: “perché quel tizio fa del bene?” – “Cosa avrà da guadagnarci?” – “Quale trucco si nasconde dietro il suo agire?”.
Si resta increduli davanti a chi è di casa eppure è nuovo nella creativa originalità. Un atteggiamento che si acuisce di più nel mondo religioso, dove i riti, le tradizioni e le liturgie consolidate, con regole fisse e dottrine immutabili, la novità è sempre percepita come sinonimo di insurrezione verso verità custodite da millenni, o quanto meno viene tollerata con il beneficio del dubbio.
Il Vangelo di questa domenica sosta ancora sul segno del pane ed il significato che esso assume nel discorso di Gesù: suscita polemiche il suo dire, come può il figlio di Giuseppe, il falegname, e di Maria, essere il “pane disceso dal cielo?”. Il discorso si fa complesso, per il popolo ebraico, il pane rievoca l’intervento di Dio a suo sostegno lungo l’epico esodo. Quel Nazareno, uno tra i tanti, per molti conosciuto sin dall’infanzia, come tutti gli altri, osa sostituirsi al pane (manna dal cielo) data da Dio stesso nel deserto. Addirittura ha la saccenza di farsi come il pane che sfama per la vita eterna: Bestemmia avrà detto più di qualcuno. È fuori di sé, altri. Qualcuno lo fermi, qualche altro ancora.
Non può dire queste cose, il vero Dio agisce con mano potente. Con segni straordinari. Anche noi spesso ci fermiamo più a mormorare del Dio di Gesù, più che a tuffarci nel mistero di cui è venuto a parlarci: alla fede si giunge attraversando la possibilità dello scandalo. La tentazione di un Dio dalla mano forte e conciliante è sempre tanta: fatichiamo a credere in un Dio dalla carne fragile, che cammina scalzo, senza le schiere di eserciti a sua difesa. Abbiamo paura di un Dio nudo. La nostra fede infatti spesso è miracolistica, più intenta a soddisfare i nostri bisogni che l’autentico desiderio di Dio.
Eppure Egli si è fatto pane. Ha donato sé stesso per noi. Noi di cosa ci nutriamo? Quale pane mangiamo? Di quale pane si ciba la nostra anima? Dio viene nella carne, spalanca la finestra dell’eterno nel chiaro-scuro del quotidiano. Noi in quale Dio crediamo? Quale immagine abbiamo di Lui? Chi è per noi Gesù? Egli il pane, elemento semplice e fragile, che si lascia macinare fino a farsi farina, granellino piccolissimo: il frammento che contiene il tutto.
Siamo chiamati a cambiare mentalità. Il tutto si trova nel frammento: proprio così, Egli è l’infinitamente piccolo. La vita eterna è già cominciata ed è tutta qui, sta in mezzo a noi. Questa è la fede, riconoscere la presenza di Dio tra noi: fare spazio nel proprio cuore a ciò che custodisce la sua onnipotenza nell’incompresa piccolezza.
Questa è un’opera che non avviene per i nostri sforzi, ragionamenti umani, ma viene da Dio, che chiama, attrae e istruisce. Si tratta di un dono che ciascuno può chiedere nella preghiera: occorre credere nella persona di Gesù se vogliamo ricevere il pane che sazia per l’eternità. A noi è data la scelta se accogliere oppure no, il Signore della vita.
#farsiparola
Chi si è tuffata nel mistero di Dio e si è nutrita del pane della vita eterna è stata Paola Adamo: nasce a Napoli il 24 ottobre 1963, figlia di Claudio e Lucia, due architetti. Ma anche cooperatori salesiani e catechisti, dai quali apprende la fede e l’amore per l’eucarestia. Si trasferisce a Taranto dove il papà lavora come progettista della Chiesa di S. Giovanni Bosco. Proprio nell’oratorio salesiano, Paola è cresciuta e si è formata. È una ragazza molto sensibile, creati a e intelligente, già all’età di nove anni scrive un diario, dove si trova una frase che esprime la personalità, la fede e la costanza di Paola: “ Se credi in Dio hai il mondo in pugno”.
È una ragazza normale, esuberante, che vive con entusiasmo ogni cosa che fa, con i suoi slanci adolescenziali, le sue gioie e turbamenti, tra sogni e fallimenti. ha vissuto Frequenta danza classica e pratica il nuoto, suona la chitarra, ed è felice di cantare e suonare per i suoi genitori. È una giovane felice di vivere, dialoga con tutti e non teme di donare sé stessa. Poi con profitto studia nel Liceo Artistico, dove il papà è insegnante e predilige la compagnia di due ragazze un po’ emarginate dal resto della classe.
Il parroco dice di Paola, che vive un cristianesimo discreto, nello stile salesiano, di poche chiacchiere e molti fatti. Per questo è diventata un modello di “santità” vissuta nel quotidiano, a casa, in chiesa, a scuola, con gli amici. La anima una luminosa e sincera fede in Dio, in cui crede saldamente, lo ama, gli parla, in Lui sfoga i suoi problemi e i momenti contrastanti della vita. Ha una fede che le fa dire: “Se credi in Dio hai il mondo in pugno”.
E lei credeva saldamente in Dio, lo amava, lo interpellava, viveva di Lui, lo faceva conoscere e guai a bestemmiarlo! Giungeva ad essere aggressiva, con chi aveva l’ardire di farlo. Nel suo diario, autentica fonte di pensieri, tra le altre cose scrive: “Se Dio è la sorgente di tutte le cose, solo Lui ci potrà fare davvero felici!”. La giovane vita di Paola viene stroncata nel fiore degli anni, da un’epatite virale fulminante, il 28 giugno del 1978. I suoi genitori hanno affidato ad un libro: “Dialogo con Paola”, scritto dal padre, il messaggio d’amore e l’esemplare vicenda terrena della splendida figlia.
Paolo Greco