#parolaviva
In quel tempo, alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, domandavano a Gesù se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: “Che cosa vi ha ordinato Mosè?”. Dissero: “Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla”.
Gesù disse loro: “Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall’inizio della creazione [Dio] li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto”.
A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro: “Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio”.
Gli presentavano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono. Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: “Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso”. E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro.
#vivilaparola
I sogni segnano i passi verso il futuro, una vita senza sogni è come una notte senza stelle: l’esistenza è tutta un uscita, un essere gettato nella luce, un pellegrinaggio sulla via dei sogni. Da un sogno veniamo, l’amore dei nostri genitori, verso un altro sogno ci muoviamo, quello che batte dentro ciascuno e aspetta di trovare una forma. Tutti siamo un sogno pensato da qualcun’altro, un’eco che conduce una melodia antica e sempre nuova, vibrazione dell’eterno. Il sogno che ci muove più di qualunque altro è sempre quello legato all’amore, che sia per qualcosa o per qualcuno, quello per cui perdiamo il sonno e investiamo tutte le nostre energie.
Quando il sogno si frantuma in mille pezzi, tutto cade, siamo delusi, storditi, disorientati. Cerchiamo un appiglio, un appoggio, ciò che non ci fa cadere del tutto a terra, ma è difficile riprendersi, allora per difenderci diventiamo più ruvidi, insensibili, perfino il cuore si indurisce, così ci appelliamo a soluzioni di ripiego. Fredde, senz’anima. Non è la legge che libera la vita, benché ne abbiamo bisogno per vivere insieme agli altri in pace. I sogni vanno custoditi, coltivati, nutriti.
Il Vangelo di questa domenica ci presenta Gesù alle prese con una spinosa e dolorosa questione, ieri come oggi. Anche se nella società dell’amore liquido, come direbbe Zigmunt Bauman, i legami affettivi sembra si disfano facilmente. La domanda posta a Gesù è: è lecito oppure no, ripudiare la propria moglie? La norma che dirime la disputa fu voluta da Mosè a causa della durezza del cuore umano. La risposta di Gesù è divina, perché Dio unisce vite, non le spezza. Cuce non strappa.
Disegna bellezza, non scarabocchia. Libera, non schiavizza. Prende le distanze da Mosè, dalla legge passa al cuore, dalla separazione all’unità, ricorda il sogno originario di Dio, quando all’inizio maschio e femmina li creò, per cui l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Si tratta del sogno d’amore per eccellenza, che disegna l’unità nelle differenze: non sono più due, ma una sola carne. L’uomo non divida quello che Dio ha congiunto. Tuttavia l’uomo si divide, fatica a creare comunione, costruire l’unione, soccombe alle lacerazioni e all’egoismo: tante sono le ferite nascoste, le solitudini e i silenzi che aspettano di essere ascoltati, curati e consolati. Una separazione, un divorzio è sempre un qualcosa di doloroso, anche quando ha il sapore della liberazione da un legame inquinato, tossico e violento. La legge dirime i conflitti, il sogno libera la vita, Dio fa incontrare le vite, le unisce, come scrive Ermes Ronchi, invece il nome del suo nemico, nemico dell’amore e della vita, è esattamente l’opposto: il diavolo, cioè Colui-che-separa. Questo è l’impegno del cristiano, tenere vivo il respiro dell’origine, proteggere l’amore e custodire le vite, perché l’amore è fragile, e affamato di cure. Il veto peccato non è violare una norma, ma calpestare sogno di Dio.
#farsiparola
Chi ha coltivato e nutrito il sogno originario di Dio sulla famiglia sono stati Maria Rosaria e Francesco Bono, i quali davanti alla tomba del poverello di Assisi non solo si promisero amore eterno, ma decisero anche di divenire Santi insieme. Franco Bono nasce nel 1948 a Lamezia Terme e dal 1975 presta servizio presso l’ospedale di Locri come medico anestesta, rianimazione e cardiologia. Ben presto diventa la colonna portante di tutto il reparto. Quanti lo hanno conosciuto ricordano le doti di piena disponibilità e di alta professionalità, ma soprattutto la capacità di accompagnare e sostenere i malati in fase terminale con la sua fede incrollabile. A Locri, insieme al lavoro trova anche l’amore, fidanzandosi con Maria Rosaria De Angelis, nata il 7 ottobre 1955 e ancora studentessa in medicina. Formatisi entrambi nell’Azione Cattolica, diventano l’espressione dell’amore maturo che si apre agli altri. Maria Rosaria, non appena laureata, si dedica alla professione di medico di base, la vive come una missione evangelica: “Nella mia professione cerco di vivere il Vangelo.
Vedere Gesù nel più piccolo, nel malato, nel solo, nell’emarginato, mi porta a donarmi a ciascuno al di là del puro e semplice dovere professionale e questo mio donarmi mi ritorna moltiplicato in gratitudine, gioia, comprensione”, confida ai più intimi.Franco continua il suo impegno nell’Azione Cattolica, diventandone presidente diocesano per nove anni e fondando in diocesi il Movimento ecclesiale di impegno culturale (MEIC), lei è attiva nel Movimento dei Focolari, diventandone responsabile per l’intera Locride.
“Nel clima di illegalità diffusa nel quale viviamo siamo convinti che la classe politica deve dare un segno, deve saper dire che all’interno del Palazzo è cambiata la musica”: dopo averlo detto pubblicamente tante volte, nel 1993 per Franco arriva il momento di tradurlo in pratica, mettendosi personalmente in gioco. Si candida a sindaco per mettere al centro “il cittadino con i suoi diritti e i suoi bisogni primari”, così viene eletto, ma le pressioni della vecchia nomenclatura, esclusa in modo clamoroso dalla sua lista, sono così forti che appena sei mesi dopo deve lasciare, ma prosegue imperterrito nel suo impegno per promuovere la “santificazione delle coscienze”, che ritiene essere l’unica via per incidere positivamente nella realtà calabrese e meridionale.
Dal loro matrimonio nascono cinque figli, l’ultimo dei quali vede la luce dopo la sua morte. Franco, infatti, il 6 aprile 1996, sabato santo, rimane vittima di un incidente sulla pista artificiale di bob in Sila, durante il quale riesce a salvare la vita del figlio più piccolo. Muore dopo 18 giorni di coma, il 24 aprile. Maria Rosaria affronta la terribile prova della vedovanza con la fede in Dio, l’amore ai figli e il suo impegno di medico per altri quattro anni, fino alla scoperta in lei di un tumore al pancreas che la fulmina in 39 giorni. Muore il 15 dicembre 2000, dopo aver cercato di “amare Gesú, non a parole, ma sempre più, sempre meglio e concretamente”.
Paolo Greco