Fummo considerati dei folli nel difendere i lavoratori e dichiarare l’accordo sottoscritto con l’azienda, una sorta di tranello avvallato dallo Stato.
Abbiamo sempre sperato che quanto si palesava, fosse frutto di immaginazione, anche dopo aver ascoltato un audio inquietante di un sindacalista che dava del contadino, del cafone a chi volesse saperne di più, come se il contadino ed il cafone ( legato con la fune – uomo aggregativo e aggregante – amante della famiglia ), fossero persone da forno crematorio.
Purtroppo quel che dicevamo, anche dopo aver assistito al tavolo Ministeriale presieduto da una poco attenta Todde, viceministro al lavoro, si sta man mano e sempre più, concretizzando a danno dei lavoratori e del Molise tutto. L’Unilever, ricordiamo a noi stessi, multinazionale, ha intrapreso lo smantellamento dello stabilimento di Pozzilli, nonostante il bilancio attivo, per decidere di favorire una transizione verso il riciclaggio di plastica ai fini della lavorazione del polimero da essa rinvenuto. Una lavorazione di centinaia di migliaia di quintali di plastica pur di evitare la bonifica di uno stabilimento chimico.
A malincuore si raggiunse un accordo, sperando in una riorganizzazione e una vera riconversione, sempre più fantasma, che prevedeva, in aggiunta alla Cassaintegrazione pagata dall’INPS, un’ulteriore integrazione da parte dell’azienda, sino al 90% della retribuzione spettante. Con vari pretesti i padroni non stanno rispettando i patti, peraltro di un “accordo difensivo” su rivendicazioni minime che comunque comporta già un sacrificio salariale (come sovente accade in questa di debolezza generale estrema del movimento operaio).
Una nota del PRC Molisano, che condividiamo, in un passaggio ben rimarca che la storia insegna: più i lavoratori accettano di fare sacrifici e peggioramenti in funzione del profitto padronale, più arretra la lotta rivendicativa, più si assottigliano le possibilità si salvaguardare l’occupazione e le condizioni di lavoro, e si va sempre verso il peggio.
- A questo si è poi aggiunto il mancato pagamento della Cassa integrazione INPS per maggio e giugno, essendo stata erogata sino ad aprile: ma anche qui scattano le prese in giro dei padroni per coprire le loro inefficienze (colpose o dolose che siano), poiché sovente cercano di far credere che sia “uno scarica barile tra INPS e azienda” in modo da dirottare altrove la giusta protesta operaia.
In realtà, da informazioni assunte, in genere sono le aziende che inviano la documentazione errata, incompleta o in ritardo, cercando poi di scaricare colpe sull’INPS, che, invece, non appena esse pervengono in modo compiuto e tempestivo provvede norma celermente a liquidare le spettanze.
Quello che chiediamo all’INPS in questi casi, tuttavia, è di attivarsi al fianco dei lavoratori quando le aziende omettono o ritardano tali adempimenti; ed anzi occorre una nuova norma o disposizione del Ministero del Lavoro che consenta all’INPS di farsi consegnare direttamente dal lavoratore interessato alcuni documenti individuali (ad esempio il modello per l’IBAN di accredito che spesso l’azienda erra, omette o inoltra in ritardo e che causa tali disservizi).
I lavoratori dell’UNILEVER giustamente non si fidano neanche della salvaguardia occupazionale promessa con la riconversione; ed è anche istintivo nelle condizioni date rivolgere appelli a governanti locali e nazionali che però, non si dimentichi, sono l’espressione dei partiti padronali e del capitale.
Proprio per questo, insieme a queste istanze immediate, di fronte alla situazioni di graduale depauperamento occupazionale del nucleo industriale di Pozzilli ad opera delle multinazionali le (nonostante regalie pubbliche ingenti in varie forme), occorre costruire un fronte più ampio di lotta dei lavoratori basato sulla propria autonomia di classe, sulla propria forza, che è tanta se si attiva.
A partire dall’unità delle vertenze sul piano territoriale molisano, uscendo dal recinto della singola azienda e della singola provincia, sino ad organizzare una risposta dei lavoratori con forza uguale e contraria all’arroganza delle multinazionali e dei padroni, con forme di lotta più radicali come l’occupazione delle aziende che licenziano o inquinano e che si leghino alla rivendicazione più generale di nazionalizzarle senza indennizzo per i grandi azionisti, e sotto il controllo dei lavoratori.
Insomma il movimento dei lavoratori deve tornare anche nel Molise il protagonista principale della scena sociale come lo fu negli anni ’60 e ’70, se si vuole un salto in avanti per tutta la società, invertendo la rotta regressiva iniziata dagli anni ’80. –
Noi aggiungiamo che siamo alle solite di calimero. Il Molise è la terra dei cachi e purtroppo, noi non riusciamo a raccoglierli neanche quando cadono a terra maturi.
Maurizio Varriano