Quando ero bambino, più o meno alla fine degli anni Cinquanta, ai primi freddi gli anziani di Roccaraso incominciavano a riunirsi nella bottega di Nic, il calzolaio, per trascorrere il pomeriggio, ma anche per fargli un po’ di compagnia. E sul deschétto del cenacolo, tra lesine, punteruoli, trincetto, raspa, colla e chiodini, ogni volta e a turno uno di loro poneva un fiasco di vino; un altro andava nel retro bottega e sul piccolo lavandino in pietra raccoglieva un bicchiere per ognuno, lo risciacquava e li sistemava intorno al fiasco che opportunamente inclinato da un altro vecchietto lasciava cadere il prezioso liquido rosso.
Un giorno ero andato a ritirare i miei scarponcini nuovi, dove il sapiente Nic aveva inchiodato due supporti a mezzaluna di metallo per salvare tacco e punta dal precoce consumo causato da due piedi irrequieti. E mentre aspettavo la consegna ascoltai quegli anziani che raccontavano storie di un tempo, della loro gioventù. Si accorsero del mio interesse e uno di loro mi disse che se volevo potevo restare ad ascoltare, seduto sullo sgabello abbandonato all’angolo affianco alla porta.
Ci andai felice e stetti lì in religioso silenzio. Fuori a sorpresa la prima neve incominciò a scendere improvvisa e copiosa. Così, nella meraviglia di tutti, il discorso che verteva sul taglio della legna di uso civico per l’inverno, scivolò su quella coltre che iniziava a coprire tutto un po’ in anticipo, ma che a detta di Giuseppe, per via delle bacche di Prugnolo, che aveva rilevato in numero consistente, quell’anno ne sarebbe caduta un bel po’.
Il Principe di Piemonte arrivò per l’Immacolata, quell’inverno del Ventuno, aveva 17 anni, era vestito da militare, alloggiò all’Albergo Montemaiella e recava con sé un lungo paio di sci e due racchette di bambù. E da lì il discorso tra gli anziani risalì per venti anni e poco più, fino alla Guerra, la Seconda, ricco di sci e di sciatori; di scarponi, zaini e racchette; di chilometri di fondo, salti dal trampolino e discese in ogni dove; di slitte e slittovia; di treni, valigie, abbigliamento in bianco e nero e colbacchi di lana.
Io ero lì, quasi a bocca aperta, seduto davanti al telone di un cinema, il mio primo spettacolo cinematografico, con immagini incomparabili e tante voci che s’intersecavano con racconti affascinanti. Quei vecchietti delineavano un percorso bianco arrivato ai nostri giorni con moderne telecabine e piste in ogni dove, che mai loro immaginarono così evolute rispetto alle due nuove seggiovie realizzate nel ‘49 e nel ’53.
Fu quel luogo “sacro”, custode orale della storia del nostro ‘900, che infuse nel mio inconscio il desiderio di andare oltre e scovare quarant’anni dopo, con certosina ricerca, quello che gli scoppi dilanianti della guerra avevano cancellato per sempre. Ho avuto tanta fortuna e tanta collaborazione da tutti coloro che in vari luoghi hanno conservato i frammenti di un puzzle che ha riconferito, abbastanza completo, un’anima a Roccaraso, con Rivisondoli a metà strada e Pescocostanzo fortunato a non averla persa.
Grazie “ragazzi” per avermi concesso tante altre volte di ascoltarvi, finiti velocemente i compiti. E quello sgabello consunto da un’antica pece frammista a polvere forse non vedeva l’ora di ospitarmi, duro e scomodo, ma inavvertibile davanti a quel telo di saggezza di un cinema “Paradiso” che ho ancora davanti agli occhi. Quegli scarponi grazie a voi si consumarono di meno per la gioia dei miei genitori.
Questo affascinante lavoro di ricerca e di preziose pubblicazioni mi ha inoltre consentito di misurare la nostra attività di ospitalità in relazione ad altre località turistiche della montagna italiana e perciò spesso mi diletto a scrivere sui nostri pregi e difetti. Questi ultimi mi hanno reso un po’ antipatico, lo so, mi sento un po’ come il grillo parlante di Pinocchio, ma fino ad oggi sono pur stato bravo a non farmi schiacciare da una sonora ciabattata.
Fabrizio Fusco mi ha invitato a tenere qui una rubrica libera, per raccontarvi storie antiche e nuove di questo territorio denominato Altopiani Maggiori d’Abruzzo e ho dato l’adesione. Chi mi conosce a volte mi riterrà ripetitivo, ma so anche che tanti altri vorranno scoprirci in maniera inedita ed attuale. Spero di fare il mio meglio.
Ugo Del Castello