Sono spesso accusato di guardare troppo al passato e poco al presente e al futuro. Credo che le persone che lo fanno ripetono solo una litania impiantata da qualcuno che mi segue e che ha solo l’interesse, a suo uso e consumo, di denigrare il mio libero pensiero, scevro da interessi personali, su questo paese. È vero che il mio sguardo è spesso rivolto al passato, ma se così non fosse stato non avrei riscoperto la storia turistica e sciistica di Roccaraso, che è una storia importante. Ma è altrettanto vero che alla prima occasione scrivo liberamente ciò che penso su quello che accade in questa località turistica e se necessario propongo idee o possibili soluzione dei problemi, come nessuno fa.
Il disegno allegato riporta una frase che ben contraddistingue la nostra attività di ospitalità, sorta all’inizio del secolo scorso con la trasformazione della Locanda di Posta di Giuseppe Del Castello nel primo albergo di Roccaraso, il Monte Maiella, era il 1900.
E ben si può affermare che questa località, anche grazie alla sua attività in campo sciistico, è sicuramente da inserire nelle più importanti località turistiche della montagna italiana, sicuramente al primo posto tra quelle dell’Appennino.
Però, e si, c’è un però, l’attività di ospitalità al giorno d’oggi risulta appannata e il sole sempre più caldo delle stagioni extra neve non riesce a diradare, eliminare l’opacità che si produce addirittura anche in inverno, quando tutto ormai si riduce a determinati periodi e l’attività turistica e sciistica ferve solo allora. Quella frase: “L’accoglienza è nelle nostre radici” è sbiadita, quasi persa tra attività alberghiere che si chiudono, diversi sono i locali pubblici e commerciali asfittici o chiusi; remi in barca e vele inesistenti. Se si aggiunge un problema che riguarda anche tante località turistiche, quello della difficoltà estrema a reperire personale lavorativo, ecco che il quadro di involuzione è veramente preoccupante.
C’è un Istituto Alberghiero, nato nel 1960 dalla felice intuizione del nostro allora parroco Don Edmondo De Panfilis, per rifornire di figure altamente qualificate le attività alberghiere, ristorative, di bar e di intrattenimento, che sforna giovani preparati il cui obiettivo oggi raggiunto non è di inserirsi nelle attività del posto per valorizzarle e mantenere alto il livello di ospitalità, bensì di andare via e trovare spazio alle proprie aspirazioni in giro per l’Italia e oltre.
Questo è giusto, ma è altrettanto vero che se le nostre attività di ospitalità si fossero ben radicate nel tessuto di istruzione che la scuola assicura e che dovrebbe così arricchirsi, allora quei giovani inserirebbero nelle loro aspirazioni legittime anche un importante periodo di lavoro a Roccaraso qualificando concretamente la nostra attività di ospitalità turistica. Questo è un problema, serio, che si aggiunge ad una incapacità degli operatori locali di guardare loro, sì, al proprio futuro e rinnovare costantemente le proprie aspirazioni di crescita e di benessere diffuso.
Sono di questi giorni le notizie sempre più pressanti sugli sbarchi di migranti, vuoi per il numero diventato per l’Italia insostenibile, vuoi per le misure normative che vengono adeguate al problema e alla visione politica governativa. Se l’accoglienza è nelle nostre radici in termini di ospitalità turistica lo è anche stata per un periodo particolarmente felice di facile e diffusa presenza di personale nelle diverse attività, quando a causa della guerra nei Balcani, una vera e propria colonia di kosovari si impiantò a Roccaraso e tutte le attività per quasi trent’anni ne hanno beneficiato, compresa l’attività edilizia e artigianale.
Quando poi, una certa forma di decadenza nell’attività di ospitalità roccolana è incominciata a serpeggiare con una certa insistenza, quasi tutti sono emigrati nuovamente e prevalentemente in Germani e in Svizzera. È innegabile che si è creato un vuoto pericoloso, proprio perché si è esasperata ulteriormente la capacità di avere personale sul posto.E allora che fare? Io sono certo che quando ci sono problemi, ci vogliono idee, coraggio, intraprendenza, presenza costante e illuminante della pubblica amministrazione, per rivalutare, nel nostro caso, tutte le attività che sono in gioco, ad iniziare dall’Istituto Alberghiero.
Direte perché, come? La cultura è alla base di ogni cosa. Ed è proprio la nostra storia che ce lo ha insegnato, quando molti problemi, come detto in precedenza si sono risolti per quasi trent’anni con gli amici kosovari, che hanno lasciato un buon ricordo di operosità serietà e inserimento pacifico nel nostro tessuto sociale e civile, al punto tale che sono stati anche richiamati all’occorrenza per sostenere candidati vari nelle passate elezioni comunali., avendo qui acquisita la residenza e la cittadinanza italiana. E bisogna rodersi le mani, perché non siamo stati capaci di farli restare tra di noi con un ulteriore salto di qualità lavorativo e di ospitalità effettiva. A questo punto si dovrebbe chiedere alle Autorità superiori di convogliare a Roccaraso un certo numero di giovani migranti e ospitarli proprio nell’Istituto Alberghiero per farli studiare, l’italiano e tutte le materie che li porterebbero ad
inserirsi in maniera qualificata nelle nostre attività economiche. Se “l’invasione” dei kosovari fu spontanea e felice, non fu altrettanto sostenuta dalla necessità di renderli perfettamente qualificati a diventare camerieri, chef, barman e via dicendo. Forse sarà stata questa la causa che poi li ha fatti andare via. Inoltre, se ci fosse stata una parallela crescita nel campo delle infrastrutture, soprattutto per stimolare le presenze turistiche extra neve e di una efficace promozione di Roccaraso e delle altre località turistiche degli Altopiani Maggiori d’Abruzzo, le presenze turistiche si sarebbero moltiplicate e si sarebbe assicurato quasi a tempo pieno nell’anno il lavoro a queste persone. Così oggi bisogna ripartire daccapo, forti di questo insegnamento.
I giovani migranti potrebbero essere ospitati nel Convitto dell’Istituto Alberghiero in un numero adeguato alla struttura per assicurare loro una civile sopravvivenza, dare certezza all’iniziativa di avere lasciato il proprio paese e incominciare ad impegnarsi nello studio e nell’inserimento progressivo nelle nostre attività di ospitalità. Come cita un modo di dire: “Con una fava si prendono due piccioni”.
Si assolve concretamente all’obbligo di partecipare alla sistemazione di questa povera, poverissima, gente, anche nel ricordo dei tanti migranti che da Roccaraso nel passato partirono per trovare fortuna nel mondo. Si risolve il problema di avere personale certo nelle varie attività, ma che in questa maniera risulta preparato e quindi anche stimolato a fare bene. Ne sono certo. E poi, una materia certamente non dovremmo insegnargli, l’inglese, loro lo conoscono alla perfezione e sarebbe anche un modo per farlo conoscere di conseguenza e concretamente agli altri studenti che frequentano la nostra scuola.
Questa è integrazione, intelligente. Non è questione né di destra, né di sinistra. E se nonostante il fastidioso freddo primaverile è arrivato il tempo delle fave, beh! usiamole per risolvere questi problemi e ridiamo il ”la” alla nostra capacità di accoglienza, che è veramente nelle nostre radici.
Ugo Del Castello