Siamo alla paranoia politica che condiziona il tempo libero e soffia aliti di illibato desiderio di partecipazione alla competizione, riconducendo tutto alle ipotesi, mai alle direttive di una politica sempre più lontana da lidi liberi non riconducibili alla negazione della libertà di concedere ai cittadini una sana competizione scevra da tiri al piccione.
Tutti contro tutti, tutti accondiscendenti a patti che con la politica non hanno nulla a che fare. I leader territoriali di destra e sinistra, ormai sconosciute identità se non dichiarate solo sulla punta di una lingua sempre più acuminata da pettegolezzi e strategie da brividi di freddo artico, scendono nelle piazze per gridare la ritrovata unità. Unità che si paventa alla stregua di un foglio di giornale al vento, che mostra solo la facciata e non le oscene litigate fuori dal sorriso apparente.
Coalizioni che di comune hanno solo la tovaglia del pranzo o della cena consumata insieme per cercare strategie al solo scopo di destabilizzare il competitor o il nemico, che ahi suoi, si deve sopportare all’interno della coalizione stessa. Una sorta di rivincita contro chi si è sottratto alle promesse o contro chi l’altra volta era socio di partito. Una rincorsa ai saldi di fine stagione che comprende, non solo le casacche dell’ultima ora, ma vestiti già indossati e poi rinnegati poiché non più di moda o ormai stretti per aver messo su qualche chilo di troppo a causa delle cene prima dell’addio o del ritrovato ritorno. Se ne sentono così tante che davvero vien la voglia di tornare a navigare per sperare in lidi su cui spiaggiare in perfetta solitudine.
Anche se, causa della Santanchè, in tema di privatizzazione del turismo, basti guardare alla rinnovata Enit che da qualche giorno veste la nuova veste di Società per Azioni, o della negata libertà gratuita alla conoscenza culturale cassata nella negazione voluta fortemente da Franceschini e poi da Sangiuliano, in perfetta sintonia in barba all’appartenenza, questa è volata in cielo come la colomba smarrita alla rotta e arrestata da una rete dalla maglia così stretta da cui difficile, se non impossibile, uscirne.
Faremo, diremo, concretizzeremo, avvieremo, gli accenti più nobili di una già aperta campagna elettorale per le comunali di Termoli e Campobasso, per le provinciali ove la spartizione e l’assenso alla non belligeranza è sempre più alto, e a breve per le Europee dove, come sempre in Molise, non ci sarà battaglia poiché competerà un solo vero candidato con cui condividere la vittoria e non di certo il partito e le sue idee, spesso contrarie o addirittura non condivisibili.
Si sa bene come funziona. La regola torna sempre in uso da tutti, nessuno escluso: quello che si dice oggi è vecchio già l’altro ieri. A Termoli il centro sinistra vara una squadra che comprende Costruire Democrazia, movimento civico attenzionato per essere contrario a destra e sinistra ma convergente all’occasione. La riprova inconfutabile è la posizione Campobassana dove guida la rivoluzione con un candidato, il bravo e competente Pino Ruta, che ne ha davvero per tutti, nessuno escluso. La negazione della politica è il civismo che comunque resta l’alternativa all’alternativa che di alternativa non ha nulla da condividere, se non la differenza di logo e slogan, spesso e volentieri sempre più populisti e meno calati nella realtà. “Mai con il PD” fu uno slogan gettonatissimo, lo ricorderete in molti.
Quello slogan che fece scalpore, è diventato lo scherzo del primo aprile di ogni anno. Di strada chi lo proferì da balconi del potere, ne ha fatta e tanta in tema di abiurate alleanze. Il PD, la Lega, F.I., i finti ecologisti mascherati sotto la bandiera di comunisti che hanno perso per strada la falce e il martello, lo sanno bene. Una sorta di Democrazia Cristiana del 4.0 che getta la pietra e nasconde la mano rinnegando patti e propinando soluzioni alternative dell’ultima ora per evitare di essere risucchiati da vortici sempre più tormento, per i soli cittadini. Così accade per altre alleanze che dall’aspetto estetico, onorato da doppio petto con cravatta griffata, gridano per strada inneggiando il cambiamento che in Molise ha visto Lotito e Cesa esserne i paladini.
Griffati dalla dialettica del fare, propinano frecciate avvelenate, non solo agli avversari a volte ignorati, ma con più convinzione a chi di essi se ne siede obbligatoriamente al fianco. “Il potere logora chi non ce l’ha”, o chi ne vorrebbe ancora di più, potremmo aggiungere alla storica frase che Andreotti ebbe a farne suo slogan prendendo spunto da quanto Charles Maurice de Tayllerand concepì qualche secolo prima di lui. “L’umiltà è una virtù stupenda, non basta averla, bisogna avere anche qualcuno che te la dà” così sosteneva, sempre Andreotti, parlando dell’apoteosi della stupidità di una politica concettuale che oggi è cavallo di battaglia di chi pensa alla normalità delle cose per trarne beneficio personale e non comune.
Anche per questo molti sperano nella candidatura a sindaco della Città di Campobasso, di un politico di razza, oggi presidente del Consiglio Regionale del Molise, Quintino Pallante. Certamente un cavallo vincente all’apparenza ma che, con molta probabilità, lo si vorrebbe vedere salire le scale di Palazzo San Giorgio, solo per disombrare scomodità in Consiglio Regionale, certamente non solo in tema di leadership di una parte della coalizione di centro destra. Sarebbe un sollievo sapere di non trovarselo più tra i banchi del Consiglio e condizionare ulteriormente le proprie posizioni in senso numerico, di voto, di future competizioni nazionali o di sperate prossime imminenti regionali.
È ormai noto che spesso e volentieri gli animi non sono proprio fermi sullo stallo della calma, condizione non solo in regione dove governo e opposizione ancora non trovano la quadra nei propri schieramenti, ma generalizzata in ogni aspetto amministrativo, compreso quello delle più piccole realtà comunali. Lo si nota ovunque e neanche la bella iniziativa di candidare Agnone a Capitale Italiana della Cultura 2026, grazie a uno iniziale sparuto di mecenati culturali capeggiati da Francesco Paolo Tanzj vice presidente del Parco Letterario e del Paesaggio “Francesco Jovine”, poi, fervidamente e convintamente divenuti tanti e di ottima caratura culturale e imprenditoriale, e grazie a un lavoro di cesello del Sindaco Daniele Saia e della sua Amministrazione, è servita a condizionare l’amore campanilista determinante per favorire autoreferenzialità e cercata singola visibilità.
Stessa cosa si può asserire per il grande progetto sulla riqualificazione dei Tratturi che comprende ben oltre 60 realtà amministrative regionali, che vede collezionare ammanchi favorevoli e critiche da parte di chi all’epoca non volle credere nel progetto favorito dall’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Il mancato cappello sulla iniziativa del Sindaco di Campodipetra Peppe Notartomaso da parte chi non ha dominio sulle succulenze dettate dal milionario finanziamento che sfiora i 150 milioni di euro, altra propensione negativa.
Una “pazziella” appare la politica e come disse un grande della politica – vi invitiamo a ricercarne il nome – : “Se tutti si sentono appartenenti a un partito e giurano fedeltà alla politica, perché proporre candidature di chi si dichiara civico e non politico?”. La risposta è difficilissima ma altrettanto semplice: Deresponsabilizzarsi, comunque vada, consente di non perdere mai! Auguri ai candidati e vinca, sicuramente, il più votato! Dimenticavamo, notizia della ultima ora: Forza Italia sarà chiamata a decidere se candidare l’ex presidente della Regione, Donato Toma!
Maurizio Varriano