Una lettera di un alfabeto antico attraversata da un cerchio di fuoco. Lo slogan “Fuoco dentro, Margine al centro” ha efficacemente accompagnato la candidatura di Agnone a Capitale della Cultura per il 2026 grazie anche ad un logo moderno, efficace, accompagnato da una spiegazione esauriente. Ma quella “V” dell’alfabeto osco usato dai Sanniti prima di esser travolti dal diluvio latino, nasconde ancora qualcosa. Qualcosa di grande, inatteso, importante: una verità storica per troppo tempo sottovalutata, disattesa. Un elemento che si colloca alle radici stesse del primo concetto di unità politica e culturale della Penisola.
E’ l’iniziale della parola VITELIU termine originale da cui i Greci trassero la parola OUITALÍA e che i latini tradussero molto più tardi nel termine geografico ITALIA. Già, il nome della nostra Nazione ha origine osca. La prima volta fu usata, secondo Aristotele, in terra di Calabria sedici generazioni prima della guerra di Troia… ma fino al secondo secolo avanti Cristo VITELIU – ITALIA fu davvero solo una “espressione geografica” che arrivò ad indicare la Penisola fino all’Arno e al Rubicone.
Il termine faceva evidentemente parte del patrimonio mitico dei popoli appenninici di lingua osco sabina quando essi, ribellandosi a Roma nel 91 a.C., lo scelsero per dare il nome alla loro Federazione disegnando finalmente la loro unità sotto il segno della Libertà, Uguaglianza di diritti e Unità fra popoli culturalmente affini: in una parola autodeterminazione. L’evento, promosso e guidato da Marsi e Sanniti, fu talmente sentito e vasto da permettere ai partecipanti di sfidare la potenza romana già padrona del Mediterraneo in quell’epoca. Non è un caso che l’Illuminismo francese e quello napoletano celebrassero i Sanniti e i loro alleati come campioni ante litteram di valori fondanti le moderne rivoluzioni.
Viteliu-Italia, si diede una capitale, batté moneta e schierò un esercito di 100.000 uomini! Ebbene se si vuol comprendere l’origine dell’Idea politica di “Italia” e i valori di libertà, pari dignità e fratellanza di genti che la partorirono, bisogna salire sui monti del Sannio antico, intorno ad Agnone, o percorrere la Piana del Fucino patria dei Marsi, o la Conca dei Peligni dove fu stabilita la prima capitale o salire sul Matese, monte sacro ai Sanniti, infine bagnarsi nella acque del Sangro, Trigno, Volturno e Biferno. Sono questi i luoghi “ove Italia nacque” . E fu nel teatro – senato di Pietrabbondante che i Sanniti presero la decisione dell’alleanza che la fece nascere.
Le successive vicende che portarono all’unione definitiva del mondo appenninico con Roma passarono attraverso un sanguinoso conflitto ma si conclusero nel 71 a.C. con il riconoscimento da parte della Repubblica della pari dignità degli Italici all’interno della comune Patria.
Pace, integrazione, nuova forza vitale divennero patrimonio di Roma che mutò radicalmente la sua natura: da città-stato dominatrice di una Penisola sottomessa a capitale di un territorio finalmente unito sotto il segno della integrazione e della pari dignità dei Popoli.
Sarebbe toccato infine ad Augusto, pochi decenni dopo, disegnare amministrativamente e geograficamente l’Italia fino al confine naturale delle Alpi. Insomma fu grazie ai popoli appenninici che la storia cambiò. Come ebbe a dire Gianni Letta in una occasione romana: “Fu con la concordia e la pace fra Italici e Roma che nacque la nuova Italia.[1]
Agnone con il suo logo, insieme a tutto il Territorio e con la sua candidatura a Capitale della Cultura 2026 intende ribadirlo con forza. Una città sui monti che si fa promotrice di un processo culturale che restituisca all’Italia un pezzo fondante della sua storia e renda finalmente centralità storica alle aree appenniniche protagoniste della più grande trasformazione della Roma antica: l’evento che creò la prima unità italiana.
Un “Margine” che intende rifarsi “Centro”.
Nicola Mastronardi
[1] Si veda , tra l’altro il commento alla Moneta della Riconciliazione di G. Letta al termine del romanzo storico Viteliu e l’articolo: https://www.appenniniweb.it/2023/03/17/ops-una-dea-appenninica-per-litalia/