Un’ avventura affascinante iniziata cinque secoli fa e giunta fino ad oggi. Il merletto a tombolo di Pescocostanzo non è solo un reticolo di fili, ma un intreccio di storia, di cultura, di bellezza. Una tradizione artigiana che nobilita la cittadina. Mani abilissime, cuore e fantasia di donne: le trinaie di Pescocostanzo. Nel corso degli anni queste donne non hanno mai smesso di ritagliarsi un’ora di tempo della propria quotidianità per applicarsi al tombolo. Un’ora sacra. Momenti di serenità, di libertà, di recupero fisico, accompagnati dal suono ritmico dei “tammariej”.
L’arte nelle loro mani.
Donne forti, sensibili, creative. Figure emblematiche di questa comunità, che nel corso dei secoli si sono adoperate per la famiglia, lavorando spesso nei campi e nella raccolta della legna nei boschi, e che nei momenti di crisi e di difficoltà con questa attività hanno saputo integrare il modesto reddito famigliare.
Qualche ora di lavoro e con abilità realizzavano ” ‘n tunnin’ “, che vendevano subito, ad un prezzo modico, ad una incettatrice. Ma, con quei soldi riuscivano a comprare il necessario per preparare un pasto per la famiglia, e un po’ di tabacco per il marito. La tradizione del merletto a Pescococostanzo è un racconto popolare, intriso di poesia, fascino, mistero.
In Abruzzo la massima espressione dell’artigianato artistico è rappresentata proprio dal merletto a tombolo e l’eccellenza del prodotto di questa antica tradizione la si riscontra nei merletti pescolani grazie al metodo ed all’esperienza delle trinaie di questo centro abruzzese di incredibile fascino, che vanta un patrimonio storico, architettonico e d’arte, nonchè ambientale, originato dall’ingegno e dal gusto di una comunità erudita ed operosa, in grado di elaborare idee e realizzare progetti che, nei secoli scorsi, hanno prodotto tanta ricchezza d’arte. La lavorazione del merletto a tombolo: un’arte esclusivamente femminile, alla quale gli uomini hanno partecipato predisponendo gli utensili ed inventando disegni.
A partire dall’esperto realizzatore del “cuscino” (supporto o tombolo), in grado di preparare il tessuto, cucirlo e poi riempirlo con falasco, secondo una tecnica non facile, per assicurare la perfezione e la durezza del cilindro; poi il falegname o l’intagliatore per i “tammariej” (fuselli o pendoli), torniti in legno stagionato, di pero, ulivo, noce.
Quindi, il disegnatore per dar vita alle “stampe” (modelli da trasformare in merletti). Elemento fondamentale (un tempo) dell’educazione personale di ogni ragazza, la lavorazione del merletto, con lo sviluppo dell’abilità e della sensibilità e l’acquisizione della tecnica, ha rappresentato per queste donne conseguimento di una professione e, in qualche modo, autonomia economica.
Un po’ di storia
Sulle origini della lavorazione del merletto a Pescocostanzo si intrecciano due filoni importanti: la tradizione lombarda (Milano e Cantù) e il filone veneto (Burano, Pellestrina, Portosecco).
Secondo la prima di tali ipotesi – scaturita dagli studi che si sono protratti nel corso degli anni ( soprattutto quelli condotti dal dott. Gaetano Sabatini) – dopo la prima metà del Quattrocento, l’Abruzzo fu interessato da un flusso di maestranze lombarde in cerca di nuovi mercati di lavoro. Un numero consistente di questi maestri, richiamati a Pescocostanzo dalla forte committenza di manodopera specializzata da parte di una Comunità impegnata nella ricostruzione dell’ abitato dopo il terremoto del 1456, si stabilì in paese.
Furono quindi donne lombarde, al seguito dei loro uomini, ad introdurre in loco quest’arte.
Da non escludere, comunque, che l’introduzione di questa lavorazione potrebbe essere ricondotta anche alla influenza che la Repubblica Veneta per lungo tempo operò sulla costa abruzzese e, quindi, ai contatti commerciali sviluppatisi con Venezia, grazie anche alle fiere di Lanciano.
Nel caso di Pescocostanzo, questi rapporti sono avallati anche dalla presenza in loco dell’altro importante settore dell’artigianato, quello dell’oreficeria in filigrana, nonchè dalla presenza nel nostro patrimonio d’arte, fino all’ultimo conflitto bellico, di un’opera pittorica notevole, un dipinto di Jacopo Nigretti de Lavalle, conosciuto con il pseudonimo di Palma il Vecchio, pittore e cittadino della Repubblica di Venezia (autorevole esponente della scuola veneta nata nel XIV sec.), che i Tedeschi trafugarono nel 1943 dall’antica Collegiata di S. Maria del Colle.
Certamente le due correnti lombarda e veneta, e potremmo aggiungere anche quella ligure, nel tempo si sono senz’altro incontrate, e le lavorazioni in qualche modo amalgamate. Quella proveniente dalla donne lombarde, più concreta, e quella invece più inventiva e leggera del filone veneziano sono state fatte proprie dalle donne pescolane, le quali hanno aggiunto ingegno e creatività. E questa tradizione, sopravvissuta nei secoli nelle mani abili e leste delle nostre trinaie, è giunta fino ad oggi.
Un tempo la tecnica della lavorazione del merletto a tombolo era condivisa da tutte le donne del paese, e veniva tramandata da nonna a nipote, da madre a figlia; oggi è affidata alla scuola del merletto, istituita dal Comune di Pescocostanzo e riconosciuta e finanziata con apposita legge dalla Regione Abruzzo nel 1998, perchè‚ ne recuperi il valore e possa trasmettere alle nuove generazioni la progressione didattica (la sceda), gli schemi, il carattere, i motivi ricorrenti del disegno tradizionale, onde assicurare continuità a questa antica attività artigianale, vanto delle donne pescolane.
A Palazzo Fanzago, nel Museo del Merletto a Tombolo, visitato ogni anno e in tutte le stagioni da centinaia di forestieri, a cui è annessa la scuola di apprendimento, è possibile ammirare la bellezza e la qualità dei manufatti di quest’arte, che partecipa al racconto della storia di Pescocostanzo e che rappresenta un punto di forza della nostra tradizione artigiana e dell’offerta turistica di questo territorio. Questa istituzione (scuola-museo) impegnata nel programma di insegnamento, di ricerca , di raccolta dei materiali rappresenta oramai un riferimento importante per quanti vogliono apprendere i segreti di quest’arte e per documentare la storia di questa tradizione.
Consente peraltro agli esperti di aggiungere conoscenze al loro sapere ed ai profani di capire le differenze e la qualità del merletto a tombolo di Pescocostanzo rispetto al merletto prodotto in altri centri nella regione ed in Italia. Questo breve “viaggio” intorno alla lavorazione del merletto a tombolo svela orizzonti a molti ancora sconosciuti sulle tradizioni delle popolazioni che come Pescocostanzo vivono nel territorio del Parco Nazionale della Maiella. La sopravvivenza di queste comunità è legata anche alla salvaguardia e alla valorizzazione delle loro tradizioni. Dimenticare l’arte dei padri, gli usi, i costumi è come smarrire la memoria del passato e perdere la propria identità.
Luigi Sette