La politica si lamenta dei trattori che occupano le piazzole, invece delle strade, come sarebbe più consono a una protesta vitale per il mantenimento in vita dell’agricoltura italiana, regina di biodiversità e madre della dieta mediterranea.
In ginocchio da anni, gli agricoltori italiani vengono spogliati di ogni ben di Dio, della dignità e dei loro eccellenti prodotti, invidiati in tutto il Mondo. Proprio l’invidia e l’incapacità nel difendere l’eccellente qualità, firmano la débâcle della tanto decantata governativa “Sovranità Alimentare”.
Una politica, quella italiana, che mai è stata così sottomessa nei confronti dell’Europa. Questo nonostante le suonate in sib +, in tempi non troppo passati. Una sottomissione che apre le porte alla lettura del bel libro di Nicolino Longo dal titolo “La sottomissiva funzione dei verbi servili”.
Dal caro gasolio, al fermo pesca, al fotovoltaico a terra, quest’ultimo notoriamente toglie terreno all’agricoltura per svenderlo a multinazionali che, oltre al degrado, vengono arricchite in nome e per conto di una finta transizione ecologica ma molto più, transizione energetica. Il tutto in favore del nulla che favorisce solo banche e multinazionali con sedi all’estero, nel capitalizzare senza pietà a disprezzo della povertà dei più.
Mostri mangia paesaggio che zittiscono anche le grandi corporazioni a tutela degli agricoltori che, affini al governo, non sventolano più le bandiere, irridendo la protesta di agricoltori liberi e sempre più vittime di un sistema che determina la morte di chi si ostina a esserlo.
È ormai da troppo tempo, visto che dal dopo Maurizio Martina il “Nulla Cosmico”, che i governi e i rispettivi ministeri preposti, pilotano mostri volanti che condizionano negativamente la sudditanza verso gli Stati Uniti d’America e l’Europa che non possiamo e non potremmo scrollarci di dosso, dettando lo scolorare di una nazione sempre più neutra, senza l’orgoglio di una classe dirigente, solo nelle parole “Italofona”.
Nei fatti la morte canta l’inno della sepoltura a chi lavora e si spezza la schiena tutti i santi giorni. “Siamo alle solite” avrebbe detto Calimero, quello piccolo e nero che per modestia non ha mai usato parole forti per non esacerbare l’esasperazione che le genti d’Italia, quelle del lavoro senza padroni, non riesce più a dominare con la ragione.
Il carburante è alle stelle – si ricordi la scena patetica del rifornimento dell’allora segretaria del partito della ragione -, gli alimenti sono in salita vertiginosa, l’iva sulle bollette è quintuplicata, i pedaggi aumentati all’inverosimile, i trasporti non danno ragione della loro utilità. Per molti va tutto bene e, come sempre, la politica si destreggia con il detto: quello che si dice oggi è vecchio già ieri! “Eppur si muove” Galileo esclamò! Oggi sicuramente avrebbe esclamato “Eppur si muore!”.
Il grano importato da paesi senza scrupoli fa crollare il prezzo di quello italiano, il migliore al mondo, e nessuno riesce a trarre beneficio dalla decantata “Sovranità Alimentare”. Non resta che morire per tornare a essere sereni di poter vivere sogni tranquilli guardando i trattori fermi sulle piazzole per non disturbare il traffico infernale di Roma.
Fermi per la tranquillità di chi dello scranno ne fa casa e portafoglio sicuro. Questo, l’altro scandalo di una situazione ormai insostenibile. La Francia e la Spagna sono al centro della rivolta mentre gli agricoltori italiani, veri colpiti dalla sconfitta determinata da un’Europa sempre meno ecologista, sempre meno idealista, sempre più arrogante e limitante la vera democrazia delle eccellenze, sono costretti a urlare il disagio tappandosi la bocca nonostante sfamino le tavole e lavorino la terra non da imprenditori, ma da sfruttati della loro imprenditorialità.
Parole di ferma solidarietà vengono disarmate dalla poca coerenza legislativa che risarcisce i danni per la maledetta peronospora ai viticoltori, e dimentica gli olivicoltori che, oltre il danno, si vedono beffati dai prezzi allo scaffale per oli di scarsissima qualità.
Questo il grido di dolore in sintesi, raccolto presso il presidio di Termoli che vede centinaia di agricoltori liberi da simboli e schemi precostituiti. Grido di chi spera in un ritorno all’apprezzamento, alla competizione coerente e corretta, alla politica dell’incontro e della partecipazione attiva.
La lotta è dura e non fa di certo paura a chi si alza alle quattro del mattino per mietere il grano o per soddisfare il benessere degli animali. Unirsi sarebbe la logica più consona a chi dalla tavola esige il meglio per godersi la vita, non di certo guardando al colesterolo o alla pressione arteriosa come causa del male.
Da qui a poco sarà già tardi, la mannaia per chi non si ritiene consapevolmente amico del contadino è pronta per l’uso. Noi con questa testimonianza abbiamo iniziato a sentirci un tantino più vicini alla terra! Sia l’inizio per la tutela del grande valore che ci è stato regalato da Madre Natura: La Biodiversità!
Queste ultime ore hanno visto incontrarsi il Presidente della Regione Molise, Francesco Roberti e gli agricoltori in sit in di protesta presso un parcheggio della città di Termoli. Il presidente si è dichiarato disposto a farsi portavoce delle doglianze condividendo la protesta.
Maurizio Varriano