Tutto si fermò e dovemmo accontentarci dei ricordi del passato, nel pensar che il futuro potesse tornare incredibilmente più splendente.
Il Molise senza le sue tradizioni non è stato all’altezza delle sue aspettative; ha vissuto una disgregazione sociale senza limiti. Neanche la guerra ha fatto tanto danno, quanto il maledetto Covid 19. Per due lunghi anni il Molise è stata una regione amorfa , senza tempo e senza la sua gente. Larino è una dei simboli di una tradizione “ pura “, “ semplice “, “ viva “, per fortuna, mai doma.
La gente vive per tornar bambini nel mondo dei ricordi di una vita senza schemi, senza invidie, gelosie, ma piena di colori, rumori, assonanze, rivalità ed amicizia fusa nell’ amore per i propri cari, per i buoni propositi, per una terra che segna il passo difronte le angherie del tempo scandito da ore, giorni, mesi, senza poter guardare avanti. Per fortuna nessuno si perde per strada.
Essa, lunga ma decisamente percorribile, non lascia indietro nessuno. Vive del presente, ma decisamente guardando sempre al passato, quello dei tempi migliori. Racconti tramandati oralmente da avi che entrano nei cuori di giovani aitanti che minan le menti, e rendono innovativi e passionali quei trascorsi che, al sol pensiero, si diluiscono in lacrime di passione, di gioia, di partecipazione alla vita della comunità. I giovani Larinati o Larinesi, come meglio si voglia porre l’appellativo dell’essere ai cittadini di una splendida cittadina piena di storia, arte e tradizione, vivono tutto questo. Parlano del passato per arrivare a goder di un presente dal sapore di unicum , di sospirata libertà.
Tutto rimira e intreccia vite dedicate ad una delle manifestazioni che, tra religiosità e folklore, rende davvero e magicamente “Liberi.” Liberi di sognare, di volare, di goder di quella tradizione più viva che, vividamente, accende ogni cuore , ogni strada, ogni pietra che affoga ogni suo dolore in un mare di carri colorati, pieni di festanti fiori di carta, che ubriacano all’odor di mani dal sapiente saper comporre petali, steli e pistilli. Quel mare che defenestra il mostro e fa si che il Principe Azzurro vinca su questi, e sfondi quel portone chiuso alla grettezza di un uomo, mai soddisfatto e mai decisamente “ puro “.
Il “ laudate “ canta benissimo il suo pezzo preferito, quello di una festa piena di rumori, di parole, di sguardi, di letame , di sapori forti, ma mai fuori luogo e sempre pronti a fornir, all’olfatto, l’odore della Libertà di una festa dedicata all’Amore vero per la propria città, per la propria gente, per il Santo Patrono, che mai è li fermo a rimirar le genti e goder da solo la gioia della festa. E’ la festa di tutti, soprattutto di chi mai ha rimirato tanta bellezza.
Dalla piazza si senton i rumori di campane, di carri che , trainati da buoi, ordiscono trame di assordanti “rintroni” che stordiscono sino all’abitudine. Non guastano, ma inebriano come l’odore di sterco, forte ma significativo. Senza tutto ciò non sarebbe festa, non sarebbe possibile viver la felicità dei carri vestiti per andar a trovare il Santo.
I carri si avvicinano, i canti dei carristi che accompagnano il busto del Santo, seduto in bella vista sul carro n. 1, quello prescelto, si innalzano in cielo, e un San Pardo felice, farà sicuramente la “Grazia” tanto attesa, e tanto nella preghiera richiesta. Il rumore dolce, ma cupo, delle ruote dei carri, si confonde con quello dell’organo della Cattedrale.
Ci si incammina tutti in fila verso la piazza dove la banda suona allegramente nel portare la festa alla sera, e sino ai colpi dei fuochi d’artificio. Tra la gente la curiosità è tanta, e tutti si domandano chi allieterà la nottata. I Santi entrano tra la tripudiante gente ed i colori inebrian i cuori. Finalmente ! Buon San Pardo ! Ed il velo di malinconia condito di una lacrima avvolgente il viso di chi ha sperato di tornare a vivere, è realtà. W San Pardo ! è l’unica condizione per poter essere partecipi. Quest’anno il silenzio è andato via, si è nascosto dietro un angolo del campanile.
E’ li, zitto, con un piede pronto davanti l’altro, a manifestare la sua smania di entrare in campo. Non potrà farlo, però! Ormai è ora di festeggiare, di dar corpo ai battenti delle campane, alle urla liberatorie. San Pardo ha messo in atto la sua strategia, ed ha vinto. Si torna ad essere felici ed il silenzio viene posto nella tomba. La tristezza vola via, il cuore è sempre li, a rimirar l’eterno ed a pensar che la vita è un passaggio, com’è la processione appena partita per far felice l’intera Città. Il cuore, finalmente, è tornato a battere più forte di prima, come fece per quell’amore, finalmente ritrovato.
Quest’anno chiudiamo gli occhi, non per far silenzio e sognare, ma per godere di un Mondo ormai apoteotico, e sino all’ennesima potenza. San Pardo è San Pardo, per i Larinesi e non. Adesso, più di prima, farà sentire i suoi rumori, i suoi profumi e le festanti genti che dichiarano ad egli, indissolubile amore .
Larino è San Pardo, San Pardo è Larino. R’mur’ del giovane Lorenzo, che pianse per il silenzio del passato , son tornati. Ormai s sient’ i r’mur’ p’a vij’, s’edduos’ i campan’, s sient’ a ‘ddor da mmerd’ e s vid’ quant’ so bbiell’ ’lli hhjur’. Il 2022 è l’anno della rinascita. San Pardo, ha decisamente contribuito affinché ogni cosa tornasse al proprio posto, ed ogni carrista si è, finalmente, ripreso le redini del proprio carro.
Maurizio Varriano