Correvano i tempi di Charles Yelverton, Bob Morse, Chuck Yura, Dino Meneghin e Pierluigi Marzorati. Erano loro nel campionato italiano di A1 di Basket i superoi degli anni settanta. Al Palasport dell’Eur, a Roma, con l’ex Stella Azzurra, diventata IBP (Industrie Buitoni Perugina) c’erano: David Lowell Sorenson, Otto Moore, Len Kosmalski, Giancarlo Lazzari, Fabio Fossati, Douglass Laurcella, Enrico Gilardi, Francesco Kunderfranco, Renzo Vecchiato, Graziano Malachin, Aldo Corno e Bruno Biondi. E lui: il grande Maurizio Tomassi, l’indomabile fantasista play maker, figlio di Palestrina.
Maurizio dava filo da torcere alle “guardie” ed agli stessi pivot. Era alto soltanto 187 cm, ma riusciva in piena elevazione a toccare con le mani il cerchio del canestro (mt. 3.05). Lo ricordiamo nei suoi palleggi in attacco e gli scatti fulminei dentro la lunetta. Non era facile per il coach Valerio Bianchini riuscire a gestirlo, per il suo carattere schivo e “rivoluzionario”.
Le sue gesta un gruppetto di oriundi alfedenesi tentavano in estate di emularle sulla pista di pattinaggio della villa comunale di Alfedena, trasformata con un canestro “artigianale” in campo di basket.
L’ultimo terzo tempo, verso le porte del paradiso, Maurizo lo ha fatto ieri, a 67 anni. Rimangono indelebili i ricordi sugli spalti con Mario, Giovanni, Gianluca, Gabriele, Uccio e Carlo “er supertifoso”. I vinili riproducevano ” A Trick of Tail”, “Hunky Dory”, “The dark side of the Moon”, “Celebration”. E le pizze del dopopartita si consumavano rigorosamente da Ivo a Trastevere.
Addio Maurizio, porta la palla a spicchi, prima o poi una partita la giocheremo tutti insieme.